CdV - Nonostante "le dichiarazioni rassicuranti e i provvedimenti allo studio o in atto", di fatto in Italia cresce la poverta': "lo stesso ceto medio e' sempre piu' risucchiato dalla penuria dei beni primari, il lavoro, la casa, gli alimenti, la possibilita' di cura". Lo denunciano i vescovi italiani per bocca del loro presidente Angelo Bagnasco. E di fronte a una situazione che va aggravandosi invece di migliorare, sollecitano "un impegno ed una dedizione ancora piu' grandi e continue da parte della politica, come di ogni altro soggetto capace di creare e incentivare lavoro e occupazione".
"Nessuno - scandisce il cardinale nella prolusione al Consiglio Episcopale Permanente - puo' illudersi circa lo stato di disagio o di disperazione legato alla disoccupazione o alla incertezza. Con speranza sentiamo; ma le persone non possono attendere, perche' la vita concreta corre ogni giorno, dilania la carne e lo spirito". "In quanto Pastori che vivono in mezzo al loro popolo abbiamo l'obbligo - sottolinea Bagnasco - di dar voce a chi non ha voce o ne ha troppo poca". A governo, politici e parti sociali, il porporato indica dunque una linea da seguire nella ricerca, finalmente, del "bene comune" e non piu' di interessi di parte o di risposte a falsi bisogni (e qui non e' mancata una venatura polemica riguardo alla legge sulle unioni civili, che per la Cei non era affatto urgente) modello incarnato nella Protezione Civile e nella Caritas che hanno soccorso i terremotati del Centro Italia: "essere 'legati' gli uni agli altri in famiglia, nella societa' civile, nella comunita' cristiana fa crescere la liberta' nella verita'".
Secondo Bagnasco, e' questa "la lezione, di incomparabile valore, che con semplicita' danno al Paese" gli operatori della Protezione Civile, i volontari, i membri di associazioni e in definitiva le comunita' stesse ferite dal terremoto che il 24 agosto come "un'ombra maligna" ha falciato centinaia di vite, ha distrutto abitati: "un popolo senza casa, ma non piegato" che sta testimoniando "la voglia e il coraggio di ricominciare e "la fierezza di appartenere ad una terra e ad una storia".
Migranti - L'altra emergenza alla quale occorre rispondere con pari generosita', per il presidente Cei e' quella dei migranti. "L'esodo di tanti disperati che bussano alle porte del continente" mette alla prova l'Unione Europea che "dopo il risultato della brexit inglese", comincia a mostrare "qualche timido barlume di coscienza su cio' che dovrebbe essere il fondamento della casa europea: la cultura, che ha costruito l'Europa nella sua varieta'", rileva Bagnasco fa sue nella prolusione le parole di Papa Francesco che "non si stanca di richiamare lo stile dell'accoglienza e dell'integrazione, che richiede generosita' e intelligenza politica e sociale; e' uno stile che coinvolge tutti, chi accoglie e chi e' accolto". E anche davanti ai "recenti e ripetuti fatti di terrorismo che hanno sterminato vite umane e sparso inquietudine in tutti", secondo il cardinale di Genova "non bisogna cadere nella trappola che mira a scatenare un conflitto globale". "Il terrorismo - infatti - si serve non solo del fanatismo di gruppi, ma anche del disagio sociale, e soprattutto del vuoto spirituale e culturale di non pochi giovani occidentali che, paradossalmente, spesso cercano un motivo per vivere in una perversa ragione per morire. Come sempre, i mercanti di armi, di petrolio o di potere, speculano nell'oscurita' di affari e posizioni d'oro".
Su "burkini" e Charles Ebdo, Bagnasco boccia l'oltranzismo occidentale che propone il laicismo come un valore (mentre e' una poverta' culturale). All'Europa il cardinale raccomanda infine un impegno coerente in difesa della persona umana e della sua integrita'. "La recente morte di un bambino, avvenuta in Belgio per eutanasia, deve interrogarci seriamente: dove stiamo andando? Piu' in generale prendiamo atto che, ogni volta che si ipotizzano leggi su questi temi decisivi, subito si cerca di pilotare la sensibilita' e l'opinione pubblica appellandosi a casi eccezionali di grande impatto emotivo; e si invoca la necessita' di ordinare le cose, di normare le procedure.
Ma tutto questo accade senza partire dal principio di base, l'inviolabilita' della vita umana sempre e comunque: se cade questo principio l'individuo passera' da soggetto da rispettare a oggetto di cui disporre. Chi decide la linea di confine tra il legittimo e cio' che non lo e' in questioni che sono essenzialmente di tipo etico, cioe' precedono ogni autorita' statale? Lo Stato deve essere amorale? E se lo Stato stabilisse un confine anche molto rigoroso, comunque inaccettabile, perche' non potrebbe allargarlo successivamente? E la persona, nella sua intangibilita', dove finirebbe?", si e' chiesto il cardinale di Genova, secondo il quale "il compito vero dello Stato di diritto non e' quello di stabilire la vita e la morte, ma, molto piu' responsabilmente e con impegno concreto, di farsi carico delle situazioni, di non lasciar soli i cittadini specialmente nelle circostanze piu' drammatiche, come quelle di genitori con figli malati, per accompagnarli e sostenerli in ogni modo". (AGI)