CdV - "La Chiesa deve mettersi nella politica alta". Lo ha spiegato Papa Bergoglio nel suo intervento al vertice di giuristi contro la tratta promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. "Si dice - ha osservato - che la Chiesa non debba mettersi nella politica" invece "la Chiesa è chiamata a compromettersi". In proposito il Papa ha fatto sue le parole di Paolo VI affermando che "la politica è una delle più alte forme dell'amore, della carità".
Sullo sfondo di una "globalizzazione dell'indifferenza", la Chiesa, ha detto Francesco parlando in spagnolo, "è chiamata ad impegnarsi", "la Chiesa non deve mettersi in politica ma deve mettersi nella grande politica", perché "come diceva Paolo VI la politica è una delle forme più alte della carità". La Chiesa, soprattutto, "deve essere fedele alle persone", tanto più se vivono in situazioni drammatiche che sollevano questioni di "etica, scienze sociali, fede". Il Papa ha sottolineato il ruolo prezioso svolto in questi anni dalla Pontificia accademia delle Scienze sociali, ringraziando in particolare la presidente, Margareth Archer, il cancelliere, monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, e i contributori esterni (seduti tra gli altri in prima fila c'era l'economista Jeffrey Sachs), ricordando l'impegno di questi anni sulle tematiche del contrasto della tratta delle persone e delle nuove forme di schiavitù come il lavoro forzato, la prostituzione, il traffico di organi, il narcotraffico e la criminalità organizzata, "veri e propri crimini di lesa maestà come li ha definiti Benedetto XVI". Papa Francesco ha ricordato l'incontro sul tema con i leader di altre fedi, il 12 dicembre 2014, quello con i sindaci, il 21 luglio dell'anno scorso, e i seminari con i giovani. "Uno puo' pensare che un'accademia debba muoversi a livello di scienza pura, di considerazioni teoriche, ma io penso che l'accademia debba tenere le radici nel concreto, altrimenti corre il rischio di promuovere una concezione liquida che non porta a nulla, un divorzio tra idea e realtà".
CORRUZIONE - "Uno delle grandi mali sociali è la corruzione che a tutti i livelli indebolisce i governi, la democrazia partecipativa e anche l'attività della giustizia". Lo ha denunciato Papa Francesco al seminario contro la tratta al quale aprtecipano in Vaticano giuristi e magistrati di tuitto il mondo. Ai giudicie ed esperti il Papa ha chiesto di avere "un'attenzione speciale contro il traffico di esseri umani e contro la ragnatela della corruzionea".
NO PENA DI MORTE - "Abolire la pena di morte e l'ergastolo perché la pena deve lasciare all'uomo, anche se ha sbagliato, la speranza". Lo ha chiesto il Papa intervenendo al vertice di giudici e magistrati in Vaticano contro il traffico delle persone umane e il crimine organizzato. "Non c'è pena valida senza speranza, una pena fine a se stessa è una tortura", ha affermato. Secondo Francesco, "è realmente sempre possibile puntare al reinserimento dei rei e alla riabilitazione delle vittime. Il lavoro non termina con la sentenza, serve il reinserimento di chi ha sbagliato e la riabilitazione della vittima". Il Papa si è soffermato sulla riabilitazione e il reinserimento nella società di chi ha sbagliato. "Quando diciamo giustizia non intendiamo perseguire il castigo fino a se stesso", ha spiegato citando la concezione medievale della pena morte che contemplava la speranza, perché si era consegnati a Dio. "Ma i tempi sono cambiati!", ha esclamato sottolineando la "delicata congiunzione tra giustizia e misericordia" che vale "per i responsabili del crimine di lesa umanità, per tutti gli esseri umani e soprattutto per le vittime". Nel contempo, ha aggiunto Bergoglio, i giudici "devono porre grande attenzione alle necessità delle vittime, non vale l'antico adagio che "sono cose che esistono dall'inizio del mondo"". Ed oggi il lavoro dei giudici, ha concluso, "non finisce con la sentenza, prosegue con l'accompagnamento e il reinserimento e la riabilitazione, sia della vittima che del colpevole". Il Papa ha infine citato il passaggio evangelico sui beati, Matteo 25, per concludere con un invito ai giudici a "dare speranza con l'esercizio della giustizia". (AGI)