(AGI) - Roma, 29 mar. - "Se il 5 aprile sara' una giornata vuota, confidiamo in una risposta forte del nostro governo". "Forse e' dal nazifascismo che in Italia non ci trovavamo un caso di tortura come per Giulio". E ancora: "Quando sono entrata nella sala dell'obitorio, qui a Roma, ho detto 'e' lui, e' Giulio' perche' l'ho riconosciuto dalla punta del naso. Per tutto il resto non era piu' lui". "Ho pianto pochissimo, ho una sorta di blocco: eppure ho sempre pianto, ascoltando una canzone romantica alla radio, ai funerali, davanti al disegno di un bambino. Ora ho come un blocco totale, forse finira' quando sapremo finalmente che cosa e' davvero successo". Testimonianza tragica e terribile di Paola Regeni, mamma di Giulio Regeni, il ricercatore italiano scomparso in Egitto negli ultimi giorni di gennaio e poi ritrovato morto lungo un'autostrada egiziana. Una morte ancora senza una verita'. Oggi al Senato c'e' stata la conferenza stampa dei genitori del ricercatore. Con loro il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani, che ha proposto tra l'altro il richiamo immediato del nostro ambasciatore in Egitto. Presenti anche Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, e Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. Paola Regeni ha detto "Attendiamo una risposta su Giulio", e spera "di non dovere arrivare a mostrare" l'immagine del corpo del figlio dopo le torture subite al Cairo. La data del 5 aprile non e' stata indicata a caso: per quel giorno a Roma e' infatti previsto un incontro tra gli investigatori italiani e quelli egiziani impegnate sul caso legato alla morte di Regeni, quel giorno sara' trasmessa tutta la documentazione richiesta piu' volte dall'Italia e anche quella successivamente raccolta in Egitto dopo tale richiesta. E' quanto ha garantito il procuratore generale della Repubblica araba d'Egitto, Ahmed Nabil Sadek, nella telefonata avuta ieri con il capo della Procura di Roma, Giuseppe Pignatone. "Giulio non andava in guerra - ha ricordato la mamma -, i partigiani, per i quali io ho il massimo rispetto, erano in guerra, lui era li' solo per fare ricerca ed e' stato torturato e ucciso". "Non vi dico che cosa gli hanno fatto, in quel viso ho visto tutto il male del mondo". Giulio - ha raccontato la mamma - "faceva ricerca: non era un giornalista, non era una spia, era un ragazzo contemporaneo o forse del futuro, visto che le sue idee non sono state capite". La donna ha anche sottolineato che quello del figlio "e' un caso isolato rispetto alla nostra storia ma non puo' certo dirsi un caso isolato rispetto a quello che e' successo a tanti altri egiziani". A sua volta Claudio Regeni, il padre del giovane ricercatore, ha rilevato "abbiamo fiducia nelle nostre istituzioni, ma l'azione chiesta da Manconi e' la risposta piu' corretta" nel caso in cui anche l'incontro tra investigatori egiziani e italiani in programma il 5 aprile non producesse risultati. "Purtroppo - ha confessato - fin qui non abbiamo mai avuta la sensazione che il governo egiziano avesse la tentazione di collaborare seriamente. Eppure sarebbe anche nel loro interesse portare a chiudere con l'accertamento della verita' una vicenda che anche secondo gli egiziani ha prodotto tanti danni". L'avvocato Ballerini ha detto che "a parte i documenti di identita', nessuno degli oggetti che appaiono nella foto diffusa dalle autorita' egiziane appartenevano a Giulio. Abbiamo fatto il disconoscimento ufficiale. Abbiamo trovato oltraggiosa - ha ribadito il legale - l'immagine di quel vassoio con sopra poggiati quegli oggetti. E' solo l'ultimo depistaggio. L'ultimo per oggi, chissa' che cos'altro preparano". Il portavoce di Amnesty International Italia ha commentato che "e' necessario tenere strettamente collegata la vicenda della tortura e dell'omicidio di Giulio Regeni con il contesto di negazione sistematica dei diritti umani che c'e', e non da oggi, in Egitto". Ed ha citato dati diffusi dall'organizzazione non governativa El Nadeem: "nel 2015 in Egitto ci sono stati 464 casi di sparizione forzata in carceri segrete e basi militari e 1.676 casi di tortura, conclusisi in 500 occasioni con la morte. Soltanto nei primi due mesi di quest'anno, i casi di tortura sono stati 88, otto dei quali con esito mortale. E negli stessi giorni in cui e' sparito Giulio, sono scomparsi due attivisti trovati morti con segni di tortura, anche se la ricostruzione ufficiale parla di corpi crivellati in scontri a fuoco". Il portavoce di Amnesty Italia chiede quindi che le squadre di calcio di serie A e B nel turno di campionato in programma il 23 e 24 aprile, che precede la festa della Liberazione, scendano in campo con lo striscione con scritto 'Verita' per Giulio'. (AGI)
.