Roma - Picchiati e minacciati dai loro carcerieri. Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, rientrati questa mattina a Roma dopo un sequestro di quasi otto mesi in Libia, hanno raccontato anche questo al pm Sergio Colaiocco. "Siamo provatissimi perche' abbiamo subito violenze improvvise, fisiche e psicologiche. Ci hanno colpito con il calcio del fucile e per alcuni giorni non ci davano da mangiare".
Ignorando quello che era capitato ai compagni di prigionia Salvatore Failla e Fausto Piano, i due tecnici hanno raccontato al pm Sergio Colaiocco come e' avvenuta la loro liberazione. "Siamo rimasti soli nel covo per due giorni senza cibo e senza acqua, cosi' abbiamo deciso di sfondare la porta della casa dove eravamo tenuti prigionieri e siamo riusciti a tornare liberi".
La moglie di Filippo Calcagno, ancora provato e addolorato per colleghi
Fino a due giorni fa, i quattro tecnici della Bonatti erano segregati tutti assieme e sempre a Sabrata. A gestirli sarebbe stato lo stesso gruppo di carcerieri, filo-islamici e non dell'Isis. Lo hanno raccontato al pm i due connazionali durante le sei ore di audizione al Ros. Poi mercoledi' scorso, forse per la difficile situazione che si stava creando in quella zona, i carcerieri hanno deciso di separare gli italiani in due gruppi, trasferendo Salvatore Failla e Fausto Piano in una nuova casa. I due, poi rimasti uccisi in circostanze da chiarire, sarebbero stati sistemati a bordo di un pick up con altre persone, poi intercettato, secondo gli inquirenti, dalle forze di sicurezza libiche.
"Solo questa mattina a Ciampino abbiamo saputo che i nostri amici erano morti", hanno poi aggiunto i due tecnici della Bonatti parlando dei compagni di prigionia rimasti invece uccisi.
L'aereo con i due tecnici italiani e' atterrato a Ciampino stamane alle ore 5. Ad accoglierli il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, e i loro familiari.
GOVERNO CAUTO - Deve esser chiaro che non ci sono scorciatoie illusorie, esbizioni muscolari. E' vero, il tempo stringe, ma non c'è alle porte alcuna geurra lampo. Il Governo è consapevole degli errori del passato e sta lavorando per creare le condizioni di stabilizzazione in Libia. Il nuovo Governo libico dovrà insediarsi a Tripoli e puntare alla più vasta aggregazione possibile. Si tratta di evitare che la Libia sprofondi nel caos, che diventi uno 'Stato fallito' come la Somalia a poche centinaia di chilometri dall'Italia. Qualcuno forse pensa di stabilizzare la Libia con qualche decina di raid aerei? Ma dov'era nel 2011? E poi qualcuno davvero pensa che delle truppe speciali francesi o inglesi o italiane o marziane possano controllare un Paese di 1,6 milioni di chilometri quadrati che ha 200mila uomini armati tra le varie milizie?", ha detto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, in una intervista a 'Il Sole 24 ore'. (AGI)
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