Parigi - E' morto Jacques Rivette, uno dei grandi del cinema francese, regista, critico ma soprattutto cinefilo a 360 gradi, un'intera esistenza dedicata alla propria passione, fin dall'adolescenza quando apri' un club nella sua citta' natale, Rouen, in Normandia. Aveva 87 anni. La notizia del decesso, avvenuto a Parigi, e' stata annunciata dalla sua biografa Helene Frappat. Forse il piu' misterioso ed elusivo cineasta della sua generazione, la svolta nella vita per lui si ebbe quando, 21enne, dalla provincia si trasferi' nella capitale. Li' conobbe quelli che sarebbero diventati gli altri pilastri della Nouvelle Vague: Fran?ois Truffajut, Jean-Luc Godard, Eric Rohmer, Suzanne Schiffman e lo studioso Andre' Bazin. Passato dalla 'Gazzete du Cinema' ai celeberrimi 'Cahiers', dei quali fu caporedattore fra il 1963 e il '65, volle a ogni costo passare dall'altra parte della barricata, cominciando la nuova carriera nelle modeste vesti di aiuto montatore, poi aiuto regista, anche attore, finche' nel 1956 non giro' il fondamentale cortometraggio 'Le coup du berger': storia di un tradimento amoroso che si tramuta in beffa, e' considerato la primissima espressione di quello che sarebbe diventato il movimento forse piu' fondamentale per l'evoluzione della settima arte.
Rivette giro' nel complesso una trentina di film, tra cui 'Parigi ci appartiene' (1958), 'L'Amour Fou' (1968), 'Celine e Julie vanno in barca' (1974), 'Duelle', 'Noroit' (1976), 'Le pont du Nord', 'L'amore in pezzi' (1981), 'La bella scontrosa' (1991), un eccellente dittico su Giovanna d'Arco (1994), per chiudere la carriera nel 2009 con 'Questione di punti di vista', interpretato da Sergio Castellitto e Jane Birkin, presentato a Venezia.
Amava confezionare opere dalla lunghezza estrema, dalle quattro ore e mezza in 'Amour Fou' fino alle addittura dodici ore e quaranta minuti di 'Out 1', proiettato in versione integrale un'unica volta. Fedele alle esperienze teatrali, ai propri attori predicava il precetto dell'improvvisazione, e amava trasgredire pur rivestendo spesso la narrazione con lo stile della fiaba. Poco noto al grande pubblico, amato dalla critica, non ebbe mai rimpianti per aver scelto la sperimentazione anziche' il botteghino: "L'importante e' che i film funzionino", amava ripetere Rivette. (AGI)
(29 gennaio 2016)
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