Washington - Dopo il successo del 22 dicembre scorso, quando il razzo riutilizzabile Space X Falcon 9 rientro' in atmosfera dopo aver portato in orbita 11 satelliti e riusci' ad atterrare in verticale senza riportare alcun danno, oggi l'operazione, dopo il lancio e lo sgancio del carico corretti, e' fallita.
Stavolta lo Space X del visionario patron di Tesla, Elon Musk, doveva atterrare su una piattaforma in mare, ma l'impresa - molto piu' complicata vista l'instabilita' della piattaforma in acqua rispetto a quella a terra di dicembre - non e' riuscita. Secondo quanto riferisce la societa' il razzo sarebbe sceso troppo velocemente e uno dei sostegni si sarebbe spezzato, facendo cadere su un lato il Falcon 9.
Prima del successo dello scorso dicembre si erano registrati altri 4 fallimenti. Non ci sono al momento immagini dello schianto perche' si e' interrotto il collegamento video tra il quartier generale della Space X con la piattaforma di atterraggio galleggiante, hanno reso noto dalla societa' sottolineando come sia in corso e proceda senza problemi la traiettoria del secondo stadio che deve sganciare in orbita il satellite oceanografico franco-americano Jason 3.
Il nuovo 'mulo' dello spazio
Il Falcon 9 e' un lanciatore a razzo progettato e costruito dalla Space Exploration Technologies (SpaceX) del magnate sudafricano Elon Musk. E' in grado di trasportare 13.150 kg di carico utile in orbita terrestre bassa (LEO), e 4.850 kg in orbita di trasferimento geostazionaria (GTO). Falcon 9 e' composto da due stadi, entrambi spinti da motori Merlin a ossigeno liquido e RP-1. La caratteristica piu' innovative in assoluto nel campo del trasporto in orbita e' la riusabilita' che consente di di abbassare radicalmente il costo di ogni lancio. Finora ogni razzo puo' essere utilizzato per un solo volo, in quanto si distrugge ritornando sulla Terra. Questo porta a costi elevatissimi, che l'azienda californiana vuole abbattere. Per questo il primo stadio del Falcon 9 e' riutilizzabile: dopo il distacco, infatti, scende in caduta libera in un primo tempo, poi accende nuovamente i motori frenando bruscamente la caduta e atterra in piedi, estendendo quattro zampe retrattili, su di una zattera predisposta nell'Oceano Atlantico. La riutilizzabilita' del secondo stadio presenta piu' difficolta', data l'altitudine da cui viene lasciato cadere, che lo costringono ad un vero e proprio rientro atmosferico. Questo comporta che il secondo stadio dovra' essere dotato di uno scudo termico completo, oltre ai sistemi di comunicazione e di propulsione per gestire il rientro. Entrambi gli stadi, comunque, sono stati progettati per renderli resistenti all'acqua marina e agli impatti. (AGI)
(18 gennaio 2016)