La tennista che visse due volte, Timea Bacsinszky, è in semifinale al Roland Garros per raccontare l’ennesima storia di un padre-padrone delle racchette, Igor, ungherese di origini ebree trapiantato in Svizzera. Che ha imposto alla figlia una vita da professionista sin dai 5 anni negandole fanciullezza ed adolescenza e, insieme, la gioia del talento e della partita. Di più: della vita. Tanto che lei è rinata solo quando i genitori hanno divorziato, lapidaria: “Ha proprio rubato la mia infanzia, è stato un incubo, non posso chiamarlo papà, non riesco a considerarlo un padre”.
'Volevo il meglio, per te'
Eppure non parliamo di un papà arcigno, violento, cattivo, parliamo di un papà meno abile: “Volevo il meglio, per te. Ti ho urlato come faceva, in allenamento, la mamma della Hingis. Ho cercato di indirizzarti quando volevi essere un’atleta importante ma volevi anche far tardi la sera con gli amici”, ha piagnucolato in una lettera aperta al giornale Blick nella quale accusa soprattutto la madre, e si giustifica, si giustifica, si giustifica. Afflitto e infelice.
Perché il limite fra dedizione e costrizione è flebile, come dice la storia del tennis che non ha mai avuto, e diciamo mai, un campione figlio di un altro campione, proprio perché chi vince tanto ha troppo sofferto all’inizio, in famiglia, per proporre la stessa esperienza a un figlio.
'Non giocavo per me. Mamma e papà così non litigavano'
Infatti Timea, dopo la “cura” di papà, non ha più risposto ai suoi messaggi, lo saluta a malapena alle feste di famiglia, non ha accettato la sua richiesta di perdono e quella formuletta, “affetto paterno”, che dovrebbe spiegare tutto. Troppo forte è ancora il ricordo della sofferenza dei primi successi, il doppio urrà, 2002 e 2003 al “Le Petits As” di Tarbes, terreno di conquista di tanti futuri campioni, le semifinali Slam negli Slam juniores, il terzo turno al torneo del Wta di Zurigo, cedendo solo a Sharapova, ad appena 15 anni.
Felice? Macché: “Non giocavo per me, giocavo perché così mamma e papà non litigassero. Il talento è stata la mia condanna”. Sarebbe stato meglio se papà le avesse concesso di passare le giornate giocando con gli adorati Pokemon? Sarebbe stato meglio aspettare piuttosto che bruciare i tempi, anche se dominava le coetanee? Un genitore sa quant’è delicata l’equilibrio.
L'abbandono dello sporto, lo stage in albergo
Di certo, Timea, troppo sotto pressione, costretta a giocare a tennis, incapace di gestire il rapporto coi media, oppressa dalla situazione familiare, nel 2011 è uscita di scena per dieci mesi, per un misterioso infortunio al piede. E, quand’è guarita, ha abbandonato l’idea dello sport, s’è iscritta a uno stage presso un albergo e, a Villars-sur-Ollon, allo Chalet RoyAlp Hotel & Spa, ha fatto la barista, come una ragazza qualsiasi, non certo come una stella ricca e famosa del tennis.
Finché il destino, nel 2013, non ha deciso di restituirle qualcosa sotto forma di un invito alle qualificazioni del Roland Garros. Dov’ha perso d’acchito, contro Sharon Fichman, ma ci ha visto un segnale, un monito, un richiamo della foresta. Che, pian pianino è diventato finalmente voglia di esserci, di allenarsi, di giocare e vincere. E si è trasformato nella scalata alla classifica, con le semifinali proprio al Roland Garros 2015, col numero 9 del mondo dell’anno scorso, con la nuova semifinale di questi giorni, da 31 del mondo, con tanti nuovi pensieri positivi, accompagnati da coach Dimitri Zavialoff (già prima guida di Stan Wawrinka) e dal tatuaggio-chiave, in italiano (“C’è sempre il cielo azzurro dietro le nuvole”).
Curioso, giovedì 8, lei e la grande sorpresa di Parigi, Jelena Ostapenko, festeggiano entrambe il compleanno proprio il giorno della semifinale del Roland Garros. Con la differenza che la ragazza di Riga compie 20 anni e Timea ne fa 28: ”Alla fine è solo una partita di tennis, devi avvertire il privilegio di giocarla, devi sapere che hai lavorato una vita per esserci, devi ricordarti che tanti non ce l’hanno fatta, solo perché non hanno avuto fortuna, perché ci sono tanti fattori che influenzano una carriera. Ma, soprattutto, devi goderti il momento. Figurati io, con tutto quello che ho passato. Ora credo in me stessa, lo faccio per me e sono felice del mio lavoro”. Bentornata.