Christian De Sica si sfoga su Facebook e attacca i critici cinematografici facendo citazioni ed esempi importanti in un post del 17 luglio. Poi rimosso, chissà perché.
Scriveva De Sica nel post su Facebook
“Da quando lessi sulla stessa pagina di un giornale di cinema la feroce stroncatura per ‘Il giardino dei Finzi Contini di papà col quale vinse il quarto Oscar e accanto un peana per ‘Lo zio di Brooklin’ (filnm di Ciprì e Maresco del 1995, ndr), ho smesso di leggere quasi del tutto le critiche - scrive De Sica -. Ho conosciuto giornalisti colti, preparati e saggi. Non tanti, ma la cosa che ancora oggi mi colpisce è che forse chi fa la vera vita da star o fannulloni sono proprio i teorici del cinema. Li vedi a tutti i festival, alle prime, alle feste sempre in luoghi di villeggiatura. Sempre davanti a un buffet, unica lamentela i troppi film visti in una mattinata o il mensile basso. Per il resto una cuccagna - scrive De Sica - . Parlano di vestiti, scarpe da comprare, massaggi da fare, lettini per il sole e selfie con l'attrice americana di passaggio. Dei veri buontemponi, ma come esce un film popolare tipo i miei si trasformano in severi giudici. Bipolari? Forse, anche simpatici”. E conclude con LA citazione: “Ricordo una cosa cattiva che mi diceva il grande Roberto Rossellini padre del Neorealismo: "Sai Christian, è nato un nuovo tipo di str... il Teorico del cinema". Chissà se quel giorno Roberto era forse amareggiato da una critica negativa....”.
Ignoro il motivo dell’invettiva, ma posso immaginarla. Da giorni non si parla d’altro che della sfida di De Sica col suo passato, dell’uscita del film ‘Poveri ma ricchissimi’ a Natale che sfiderà il cinepanettone ‘ricilato’ (come lo ha definito il regista Fausto Brizzi) ‘Super vacanze di Natale’, fatto con un collage di 35 anni del genere raso popolarissimo proprio da De Sica in coppia con Massimo Boldi (anch’egli in sala a Natale con un suo film). Le performance del figlio più famoso del grande Vittorio in quel genere di film non sono certo memorabili e la critica non è mai stata tenera con Christian. Buon talento ma sprecato al servizio di copioni trash e insulsi che solleticano la risata facile e di culturale hanno solo una discreta esibizione (visiva e linguistica) la prima parte del termine.
Mi rimane una perplessità: quale giornale di cinema mette nella stessa pagina una stroncatura di un film (da Oscar) del 1970 e uno (giustamente) dimenticato del 1995?
In ogni caso, nello specifico, De Sica ha torto (o ragione) a metà. Ora vi spiego perché.
Christian De Sica ha torto
Ha torto a citare Rossellini come nemico dei critici. Non è così. Lo è stato alla fine della sua vita, quando vedeva la difficoltà di realizzare i suoi progetti per la prima Enciclopedia della Storia audiovisiva. Allora diceva dei critici – come riportato nell’ultima lettera scritta al figlio Renzo - che “non mi hanno mai compreso”.
Ecco l'ultima lettera di $Rossellini al figlio Renzo: "I critici e i professoroni non mi hanno mai compreso"https://t.co/qu4x1R7QYZ pic.twitter.com/S5jWGhgKCj
— Andrea Cauti (@andreacauti) 24 giugno 2017
Questo alla fine della vita. Prima era diverso, anche perché la fortuna di Rossellini è dovuta anche ai critici che l’hanno esaltato e venerato, perdonandogli anche qualche ingenuità. Il figlio Renzo mi ha detto a Pesaro che il padre era stato dimenticato da critici e istituzioni. Ma questo non è vero.
Christian ha torto anche quando accusa i critici di trasformarsi in “severi giudici” quando escono i film popolari “come i miei”. Ognuno fa il suo mestiere, e questo De Sica lo sa bene. Il mestiere del critico è di mettere al servizio della comunità la propria competenza e di aiutare a stabilire il livello artistico di un film. Questo perché, come recita anche il titolo del mio blog, parliamo di arte (settima arte, nello specifico). E quanto più un’opera si discosta dal concetto di arte, quanto meno il critico potrà apprezzarla.
Certo: non sempre i critici capiscono se un’opera è artisticamente rilevante o meno. Ma questo accade quando entrano in gioco linguaggi nuovi o usati in maniera insolita. In quel caso può capitare che il critico sia ancora impreparato (guarda esempi clamorosi nella gallery di Media.rai.it). E così, come insegnava Wittgenstein, il ‘gioco linguistico’ è oscuro e il critico non lo comprende (ricordate la celebre frase “se un leone potesse parlare non lo capiremmo?”).
Christian De Sica ha anche ragione
Per quanto riguarda i cinepanettoni, però, non vale il discorso di sopra. In questo caso si capisce fin troppo bene il linguaggio e il livello artistico. E nessuno deve indignarsi. Né il critico che sa cosa vedrà né l’attore che sa (meglio di chiunque altro) che cosa ha realizzato. Il trash può essere elevato a forma d’arte da qualcuno. Ma non lo è. “Ogni volgarità è un delitto”, diceva Oscar Wilde. E aveva ragione. Ed è per questo che De Sica ha ragione ad arrabbiarsi con i critici che stroncano i film nazional-popolarissimi.
Sbagliano due volte.
- Primo perché trattare un cinepanettone secondo i canoni (strile, linguaggio, plot, fotografia, ecc.) con cui viene valutato un film autoriale è una castroneria.
- Secondo perché nessuno che ordina pasta e fagioli poi si lamenta col cuoco perché è molto molto meno saporita dell’anatra all’arancia. Ma se hai ordinato pasta e fagioli! Chiedo scusa per il paragone culinario piuttosto infantile, ma con i critici va così: vanno a vedere un cinepanettone e poi si lamentano che è volgare, trash, banale, incentrato su battute scontate, a sfondo sessuale e inutili. E quello dev’essere, perché quello funziona al botteghino. E’ un film nato esclusivamente per fare soldi.
Christian De Sica ha ragione anche per un altro aspetto: oggi i ‘critici’ proliferano. Mancano i giornalisti, ahimè! Tra blog e siti web, sono moltissime le persone accreditate che vanno a tutti i festival, le anteprime e la feste per i film. Si tratta spesso di giovani preparati, col sogno di scrivere di cinema e spesso quella giovanil presunzione che solo il tempo saprà limare. E sempre, purtroppo, sfruttati. Sono giovani, quindi credono di avere una missione: indicare al pubblico la via del Cinema. E così le loro critiche invadono i social media e le loro recensioni si trovano ovunque. In un’epoca in cui assistiamo al trionfo della cultura postmoderna, sul web ogni articolo ha pari dignità. E pesa a seconda della propulsione social che riceve. Sono questi 'nuovi critici' i più severi perché, essendo giovani, avendo spesso studiato cinema, sono animati dal 'scaro fuoco' della critica e considerano la forma espressiva cinematografica come un’arte alla stregua di quelle maggiori. E su questo non transigono.
Ma sono loro a sbagliare. E Christian ha ragione ad arrabbiarsi. Perché il cinema è di certo una forma d'arte, ma è un’arte anomala che contempla in sé anche ciò che di artistico non ha nulla. E di questo bisogna tenerne conto ed evitare di incorrere nell’errore di voler guardare ogni cosa attraverso il filtro dell’arte. E dare giudizi severi in maniera talvolta inapporpriata.