Mister Universo ha ottantotto anni, è originario della Guadalupe e oggi vive in Italia, nelle brumose pianure di Varallo Pombia, vicino a Novara. Il suo nome è Arthur Robin, ma è passato alla storia come “l’Ercole Nero”: nel 1957, infatti, è stato il primo campione di colore a guadagnarsi il titolo più importante del body building. Ma la fama del gigante nero non è legata al culturismo, bensì al circo. E intorno a lui, alla sua fama leggendaria, dovuta alla sua abilità di piegare il ferro a mani nude, Tizza Covi e Rainer Frimmel hanno costruito il loro ultimo film, 'Mister universo', appunto, che dal Festival del film di Locarno (dove ha avuto una menzione speciale) in poi ha fatto incetta di premi in tutta Italia.
Un road movie alla ricerca dell’Ercole Nero
Arthur è il simbolo e la scusa di un film che è anche una dichiarazione d'amore per un mondo che sta scomparendo, quello del circo. Con un'opera di fiction che segue gli stilemi di un documentario, i due registi proseguono nella loro strada iniziata dieci anni fa e coronata nel 2010 dal delizioso 'La pivellina', realizzando una sorta di road movie dal sapore antico e dal fortissimo valore simbolico. Il mondo del circo sembra inevitabilmente destinato a scomparire e la crisi viene avvertita in maniera dolorosa dal giovane domatore Tairo e dalla contorsionista Wendy alle prese con un problema alla schiena. Per i due ragazzi il circo è il mondo e la situazione di decadenza si può spiegare solo in maniera soprannaturale: Tairo ha perso un amuleto che anni prima gli aveva regalato Arthur Robin alla fine di un suo spettacolo, una barra di ferro che aveva piegato e che 'proteggeva' il ragazzo e tutto il suo mondo. E così Tairo si mette sulle tracce di Mister Universo, convinto dall’amica che potrà far cessare la mala sorte grazie ad un nuovo talismano. In questo viaggio il giovane domatore salta di circo in circo, di parente in parente, dalla madre alla nonna, dagli zii al fratello, mostrando un caleidoscopio di personaggi che hanno affascinato generazioni di poeti, artisti e cineasti.
Quel mondo che passa davanti alla telecamera è incarnato da figure che rappresentano chiaramente la fine di un’epoca, come lo zio di Tairo, cantante di balera che rinnega il suo passato, o la scimmia Lola che ha lavorato al cinema con Fellini ne ‘La dolce vita’, con Adriano Celentano in ‘Bingo Bongo’ e con Dario Argento in ‘Phenomena’, Quando finalmente Tairo raggiungerà Arthur Robin, troverà un uomo che dopo anni di palcoscenico e fatica si gode in pace l’amore della moglie, indebolito dal tempo ma non nello spirito: non è più in grado di piegare il ferro ma ha ancora tanto da insegnare. Sarà Wendy, che, mettendosi sulle tracce del figlio di Arthur Robin, riuscirà a trovare una soluzione alternativa.
Il circo simbolo del mondo che cambia
Il circo raccontato nel film, una realtà che sta attraversando una crisi profonda, a ben guardare è anche una sorta di simbolo del mondo del lavoro, dove le nuove professioni stanno soppiantando le vecchie e oltre la problematica “chiusa” della crisi del circo si apre quella della crisi esistenziale di un giovane che non trova più sicurezza nel suo lavoro, che si sente messo all’angolo dalla sfortuna e che ha come unico vero punto di riferimento gli amici, i genitori, la sua ragazza, fiduciosa e intraprendente.
“Volevamo fotografare questo mondo che si sta esaurendo e che da qualche tempo seguiamo con grande interesse – dice Tizza Covi - non a caso abbiamo scelto ancora una volta di usare la pellicola, anche questo il simbolo di un periodo finito per sempre. Tairo lo abbiamo conosciuto molti anni fa mentre giravamo 'Non è ancora domani (La Pivellina)'. Come facciamo con tutti i nostri personaggi, non lo abbiamo mai perso di vista e così appena si è presentata l’occasione gli abbiamo proposto di fare se stesso in questo film. Per di più, utilizzare spesso gli stessi volti per i nostri film ci aiuta ad eliminare la distanza tra la realtà e la macchina da presa”.
Il circo nel cinema, da Charlot a Federico Fellini
Da sempre il mondo del circo è oggetto di ammirazione e amore da parte del cinema. Da Charlie Chaplin che nel 1928 realizzò il poetico e bellissimo ‘The circus’ a Todd Browning che ambientò il suo celebre horror ‘Freaks’ in una sorta di circo Barnum. Da Federico Fellini che gli dedicò diversi film, da ‘La strada’ (dove Zampanò era una sorta di Mister Universo ante litteram) e ‘Le notti di Cabiria’ a ‘I clowns’, fino al maestoso ‘Il più grande spettacolo del mondo’ di Cecil B. DeMille’. Per non parlare del divertente ‘Madagascar 3’ dove il circo diventa animato e i protagonisti sono animali. Tutti grandi film di grandissimi autori affascinati da un mondo fatto di magia e poesia che è sopravvissuto fino ad oggi e il cui destino sembra inesorabilmente segnato. A questa china che sembra inevitabile, si oppone, anche intellettualmente, ‘Mister Universo’. Taro avrà di nuovo il suo amuleto mentre Wendy risolverà i problemi alla schiena e tornerà ad esibirsi. E anche Mister Universo tornerà in scena. Non sarà più il vecchio Arthur (che a 88 anni alza ancora manubri di 55 chili) ma il figlio che vuol far rivivere il numero che ha reso celebre il padre.
Tairo Caroli e Wendy Weber in una scena del film
‘Mister Universo’ è nelle sale distribuito da Tycoon Distribution nuovissima distribuzione indipendente, spin-off del circolo The Last Tycoon, associazione di cultura cinematografica che opera a Padova da quasi vent’anni curando la programmazione d’essai del cinema Lux.
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