I risultati del progetto Nulla dies sine linea (Vertecchi, 2016) realizzato nell’ambito del Laboratorio di Pedagogia Sperimentale (LPS) dell’Università Roma TRE hanno evidenziato come le difficoltà di scrittura, riscontrate in particolare nei bambini della scuola primaria, possano essere contrastate grazie all’esercizio quotidiano, fornendo sollecitazioni adeguate alle quali i bambini hanno risposto dimostrando entusiasmo e disponibilità.
Che senso ha mettere a confronti scrittura manuale e digitale
Gli insegnanti di ogni livello di studi lamentano una crescente difficoltà da parte degli allievi nella scrittura, probabilmente associata alla diminuzione delle occasioni di pratica manuale, dovuta alla sempre maggiore disponibilità di dispositivi digitali. Ha senso mettere a confronto scrittura manuale e scrittura digitale? La domanda che si pone Vertecchi in un editoriale dedicato al tema della scrittura nei bambini (Cadmo, XXII, 2, 2014, p. 3), riguardo all’opportunità di comparare "la competenza risultante da un processo storico a quella che può interrompersi per ragioni tecniche o legate a fasi merceologiche che il mercato considera superate", assume un valore retorico.
Scrivere (a mano) è interiorizzare
Il ruolo che la scrittura manuale riveste nel quotidiano si esplicita su piani e livelli differenti e ognuno si riferisce a questioni essenziali per l’essere umano. In particolare, disporre della capacità di scrittura significa essere in grado di interiorizzare in modo profondo concetti e abilità.
Anche lo spunto per l’esperimento Verba sequentur inerente alle abilità di scrittura e le capacità di pensiero critico è tratto dal mondo antico. Una locuzione latina attribuita a Marco Porcio Catone afferma, infatti, che se sei padrone di un argomento (rem tene), le parole seguiranno (verba sequentur). Nell’esperimento in fase di realizzazione da parte del gruppo di ricerca del DSF dell’università Roma TRE, da me coordinato, l’enfasi è posta sul verba sequentur: sul rem tene si possono immaginare situazioni molto diverse, ma in ogni caso le parole debbono essere considerate qualcosa che segue un’esperienza, teorica o pratica che sia.
Perché scrivere a mano serve di più
Operare con e sul linguaggio scritto ha importanti implicazioni cognitive: spinge a riflettere sul testo, ad approfondire i significati, a cercare un’argomentazione adeguata. Nella storia sociale dell’educazione la capacità di manipolare il testo si è collegata all’assunzione di ruoli politici e professionali importanti. Oggi qualcosa di simile può dirsi all’inverso, e cioè che a una scarsa capacità di operare sul testo corrisponde una probabile marginalità di ruoli sociali. Ecco quindi perché un esperimento didattico ha una rilevanza che travalica una dimensione operativa immediata per assumere più ampie implicazioni di sistema.
L’esperimento in atto si fonda essenzialmente su esperienze centrate sulla manipolazione di testi, riprendendo e adattando alle condizioni attuali forme di attività già in uso alcuni secoli fa nei collegi dei Gesuiti e presso le scuole tenute da altri ordini religiosi. Questa scelta è innovativa non perché nella conformazione finale certe attività non siano state praticate in precedenza, ma perché sono riscoperte e collocate in un quadro interpretativo attuale.
La difficile scelta tra eliminare e correggere
La scissione tra le buone intenzioni che si dichiarano formalmente e ciò che realmente si osserva nell’esperienza quotidiana attenua, anche drasticamente, l’efficacia del messaggio educativo. Occorre essere consapevoli del quadro in cui si interviene per non aggravare, con scelte inopportune, le difficoltà già esistenti. Deriva da queste considerazioni che l’innovazione ha senso solo se si ha consapevolezza delle ragioni che portano a intraprendere determinati percorsi.
In altre parole, l’innovazione non può essere affidata a suggestioni, ma deve far riferimento a conoscenze progressivamente più approfondite. Quando ci si limita a eliminare una ragione prossima di disagio, non si fa che aprire la via a un disagio ancora più difficile da contrastare.
Riscontrando un crescente disagio nelle capacità in discussione degli allievi (in ogni livello di studi) e per rispondere all’esigenza di trovare soluzioni coerenti e che siano allo stesso tempo il frutto di ricerche e analisi strutturate, il nostro gruppo di ricerca ha avviato, in vista dell’elaborazione di una ricerca più ampia, un’esplorazione preliminare, tesa a verificare se, promovendo l’attività di scrittura tramite il ricorso a stimoli tratti dalla letteratura italiana, migliorino le capacità di pensiero critico, individuate nel passaggio dall’interpretazione all’argomentazione libera sul testo fornito.
L’attività didattica, oggetto della sperimentazione, riguarda in particolare due varianti di amplificazione di testi originali di studio nell’ambito dei programmi di letteratura italiana del biennio della scuola secondaria superiore. Essa si basa sostanzialmente sulla parafrasi e l’amplificazione concettuale. L’intento è quello di passare dal livello descrittivo, disegnando diversamente la sintassi della frase (ad esempio spezzandola e ristrutturandola), a quello metaforico (stato d’animo, rapporto complesso con la vita ecc.).
La sfida è sviluppare il senso critico attraverso la scrittura
L’obiettivo finale risulta quello di esaminare come la descrizione e l’interpretazione del testo assegnato, realizzate attraverso il processo di scrittura, possano portare a uno sviluppo del pensiero critico dello studente, definibile anche in termini di miglioramento delle competenze linguistiche ed espressive.
La scelta della tipologia sovrascritta degli esercizi risulta coerente con gli obiettivi del progetto: la parafrasi e il commento del testo letterario consentono di utilizzare le competenze testuali, linguistiche ed espressive contemporaneamente alle capacità critiche, di analisi e argomentazione.
La scelta e l’utilizzo del testo letterario in relazione agli esercizi assegnati non risulta casuale. Generalmente, il testo letterario o non letterario può essere affrontato secondo due livelli di lettura: il primo livello, o livello denotativo, si realizza con l’accesso al significato letterale e immediato del testo proposto; il secondo livello, o connotativo, supplementare al primo, si definisce nel momento in cui subentra un’analisi più approfondita e la comprensione del significato profondo (Pagliaro, 1953). Il testo letterario, però, al contrario del testo non letterario, presenta il fine comunicativo di esprimere l’interiorità e la visione della realtà del suo autore il quale, di conseguenza, utilizza parole o espressioni nel loro significato allusivo e soggettivo: in tal modo, il testo letterario si caratterizza di una maggiore forza connotativa e una altrettanto forte rilevanza del significante. La parafrasi e il commento risultano gli esercizi maggiormente utili per far risaltare tali peculiarità del testo letterario e stimolare le abilità e le competenze a esse connesse.
Il ritorno di un vecchio esercizio: comprendere e sintetizzare
La parafrasi, cioè la riscrittura di un testo che ne appiani le difficoltà (Serianni, 2003), deve obbligatoriamente rispettare il significato originale. Tale “nuova versione” si realizza mediante una riscrittura che appiani le difficoltà semantiche, lessicali, sintattiche e contenutistiche del testo di riferimento. L’operazione di scrittura passiva presuppone, comunque, sempre un’esatta comprensione del significato del testo di partenza e promuove la capacità di rendere comprensibile un testo in una forma diversa rispetto a quella originale per la quale il testo era stato concepito dall’autore. In particolare, la stesura della parafrasi avviene attraverso l’uso di vocaboli del linguaggio comune di cui lo studente conosce pienamente il significato, la costruzione di periodi brevi in cui si privilegia la paratassi rispetto alla forma ipotattica, l’esplicitazione delle inferenze per rendere più chiaro il significato di termini o espressioni.
L’esercizio di commento richiede allo studente l’interpretazione del testo letterario mediante una visione unitaria che non tralasci i singoli elementi di cui esso risulta composto (significante e significato in primis). L’obiettivo è quello di fornire un giudizio finale sul significato del testo, che riconosca le intenzioni dell’autore (di denuncia, di persuasione, di espressione del proprio stato d’animo), metta in evidenza il messaggio trasmesso (p.e. etico o politico) assieme all’efficacia dei mezzi utilizzati (Bárberi Squarotti, 2008). Da qui la produzione “attiva” dello studente che, attraverso un processo d’interpretazione critica, dovrà definire gli elementi caratterizzanti il testo proposto.
I dati della fase pre-sperimentale sono in corso di analisi, ma l’interesse e la partecipazione delle classi del biennio di alcuni istituti di secondaria superiore della provincia di Roma, che hanno fatto parte del primo momento del progetto di ricerca, sostengono lo sviluppo della nostra azione della quale forniremo aggiornamenti su questa pagina se i lettori mostreranno interesse.
Per approfondire:
- B. Vertecchi (a cura di) (2016). I Bambini e la scrittura. L’esperimento Nulla dies sine Linea. Milano: Franco Angeli, ISBN: 9788891709738.
- Bárberi Squarotti G. (2008). Letteratura. Strumenti di analisi e di scrittura, a cura di E. Dana e M. Filippi, Bergamo, Atlas.
- Pagliaro A. (1953). Saggi di critica semantica, Messina-Firenze, Casa Editrice G. D'Anna.
- Serianni L., Della Valle V., Patota G. (2003). L’italiano parlato e scritto. Agenda salvascrittura, Paravia, Bruno Mondadori Editori.
- Serianni, L. (2003). Italiani scritti, Bologna, Il Mulino.
- Vertecchi B., A. Poce, M.R. Re, F. Agrusti (2015), “Verba sequentur. Pensiero e Scrittura.” in Cadmo, An International Journal of Educational Research, Anno XXIII, 1, pp. 108-115. ISSN: 1122-5165
- Vertecchi, B. (2014). Questioni di Metodo (editoriale), in Cadmo, Giornale italiano di pedagogia sperimentale, anno XXII, 2, 2014.