Quella del 13-19 marzo è stata la “settimana mondiale del cervello” (Brain Awareness Week, BAW), promossa dalla European Dana Alliance for the Brain in Europa, dalla Dana Alliance for the Brain Iniziatives e dalla Society for Neuroscience negli Stati Uniti, con la partecipazione di tante Società Neuroscientifiche in tutto il mondo e in Italia: un evento dedicato a un organo tanto complesso quanto affascinante che è il motore delle nostre esistenze, su cui per l’intera settimana studiosi di tutto il mondo e curiosi dedicano attenzione tra mito e realtà.
Lo slogan dell’edizione 2017 è “Curare il cervello migliora la vita” e, come per le passate, ha lo scopo di sensibilizzare sui temi della ricerca sul cervello. Che sono tanti e svariati.
Perché ‘curare il cervello’?
Non tutti sanno che il cervello è sede dell’insorgere di un gran numero di potenziali malattie neurologiche, responsabili di condizioni cliniche tra le più gravi. Tra gli organi del corpo umano, il più fragile è proprio il cervello. Lo è più del cuore e dei polmoni e nel mondo occidentale è l’organo più esposto alle malattie. Questi infatti i dati emersi qualche mese fa dall’ultimo Congresso Nazionale della Società Italiana di Neurologia (Sin) che, oltre a evidenziare le statistiche con cui incidono le patologie neurologiche rispetto a quelle cardiovascolari e ai tumori sulla salute dell’uomo, rivelano i dati preoccupanti sulle “malattie del cervello”, dal Parkinson agli Ictus fino alle comuni cefalee. Centinaia di migliaia di persone colpite all’anno nella sola Italia.
A Lucca, per la Brain Awareness Week, la Scuola IMT Alti Studi Lucca e la Fondazione Mario Tobino hanno organizzato per tutta la settimana un ciclo di conferenze aventi lo scopo di scandagliare aspetti che riguardano anche altro tipo di ‘patologie’: ci siamo mai chiesti ad esempio che influenza può avere l’uso dei social nella formazione del cervello dei ‘millennials’, i giovani di nuova generazione, che li utilizzano senza sosta nell’era digitale sostituendo libri, giochi all’aria aperta e rapporti interpersonali diretti.
Gli effetti dei social sul cervello
Qualche anno fa era stato pubblicato su 'Current Biology' uno studio dell'università di Zurigo che tra le altre cose evidenziava che l’uso continuo dei telefonini si traduce in una maggiore attività cerebrale a ogni 'tocco' di pollice sul touchscreen. I pollici divengono cioè (un po’ come le dita dei violinisti) uno strumento stra-ordinario di uso del cervello, le cui aree nella cosiddetta corteccia somatosensoriale sono flessibili e possono variare di ampiezza, fino ad avere dei ‘super-pollici intelligenti’. In generale gli aspetti che concernono la possibilità di potenziare le capacità del cervello, che in nuce è dotato di “superpoteri” anche per queste sue caratteristiche di flessibilità e adattabilità, sono molto attraenti per studiosi e comuni curiosi.
In un articolo su Nature dello scorso luglio, dal titolo “A multi-modal parcellation of human cerebral cortex”, analizzando le immagini cerebrali di più di 200 persone grazie a programmi di intelligenza artificiale realizzati ad hoc, si è risaliti a una mappatura del cervello basata su 180 aree differenti e specializzate (ma potrebbero essere molte di più), gran parte delle quali finora sconosciute, e in ciascuna delle quali sarà possibile approfondire ed esaminare tutta la complessità di quest’organo e delle sue funzioni. Una geografia misteriosa e suggestiva che lascia ancora aperti molti campi.