Ce l’hanno fatta. Ora, dopo molti anni di convivenza con un nemico senza nome, i familiari di Nicla e Raffaella conoscono l’origine genetica della malattia che ha colpito le due sorelle. Per la prima volta, sono in grado di entrare in contatto con le altre famiglie che nel mondo lottano contro la stessa patologia e, soprattutto, ora possiedono gli strumenti per sapere chi in famiglia è portatore dello stesso difetto genetico. Non è tutto. Hanno dalla loro il conforto di sapere che la ricerca su quella rara malattie è finalmente stata avviata anche grazie al loro contributo.
Sono i principali risultati conseguiti da uno studio che ha visto coinvolti gruppi di ricerca che operano in Italia, Svizzera, Olanda, Stati Uniti e Brasile, che è stato condotto grazie ad una biobanca genetica pugliese.
Le biobanche modello di collaborazione tra pazienti e ricercatori
La storia di Nicla e Raffaella, raccontata in questo articolo pubblicato sul Telethon Notizie, è una delle molte che possono far capire a cosa servono le biobanche genetiche, strutture che custodiscono campioni di sangue che poi possono essere utilizzati, come in questo caso, a fini di ricerca.
Alla vigilia della Giornata internazionale delle malattie rare, in programma il 28 febbraio e quest’anno dedicata alla ricerca, è utile una riflessione sulle biobanche perché trovo che rappresentino uno degli esempi più riusciti di collaborazione tra comunità dei pazienti e mondo della ricerca.
L'ostacolo alla ricerca sulle malattie rare non è solo la scarsità di fondi
Siamo abituati a pensare alle malattie rare come patologie storicamente orfane di ricerca perché trascurate dai grandi finanziamenti pubblici e privati. Questo è certamente il tema principale, ma vi sono anche delle difficoltà oggettive che rendono particolarmente complesso il percorso di queste ricerche.
Per portare avanti lo studio di una malattia genetica rara, è cruciale poter accedere ai campioni derivanti dai pazienti e ai dati clinici a questi associati. Come in tutti gli studi, qualità e quantità di campioni e dati sono determinanti per la produzione di risultati scientifici affidabili che consentano di portare la ricerca al passo successivo e, infine, alla elaborazione di strategie di cura.
A cosa servono le biobanche
Le biobanche mettono a disposizione della comunità scientifica campioni di Dna, conservati e corredati della relativa documentazione clinica in base alle migliori prassi, che provengono da famiglie spesso disperse in aree geografiche anche molto lontane tra loro.
La maggior parte delle collezioni conservate nelle biobanche sono state raccolte nel corso di molti anni, spesso attraverso più generazioni - ad esempio, in Italia, Fondazione Telethon, sostiene questo tipo di attività a partire dai primi anni ’90.
I tasselli che mancavano per avviare la ricerca
L’evoluzione recente delle tecnologie a disposizione della biomedicina ci sta dimostrando che il patrimonio conservato presso queste strutture rende oggi possibile l’avvio relativamente veloce di studi su patologie fino a poco tempo fa completamente orfane di ricerca.
Senza la possibilità di avvalersi delle biobanche, seppur a fronte degli avanzamenti tecnologici di questi anni, iniziare a studiare una malattia genetica rara da zero, comporterebbe uno sforzo titanico che scoraggerebbe la maggior parte dei ricercatori; basti pensare al fatto che dovrebbero reperire fondi solo per sostenere la raccolta del materiale da studiare e che questa fase richiederebbe tempi lunghissimi.
Un investimento che rende bene
Dedicare risorse ed energie all’alimentazione delle biobanche genetiche è stata un’impresa lungimirante di cui solo oggi possiamo davvero apprezzare il valore strategico: in questo il contributo della comunità dei pazienti è stato fondamentale.
Innanzitutto è stata cruciale la disponibilità di intere famiglie (pazienti e familiari non affetti dalla malattia) a sottoporsi a prelievi di sangue o di tessuti. Questo tipo di donazione potrebbe forse sembrare poco impegnativa, ma dobbiamo pensare alla vita di famiglie alle prese con visite ed esami clinici continui, nella maggior parte dei casi a fronte di poche risposte e pochissime soluzioni per gestire il presente: ogni campione depositato in una biobanca è un grandissimo atto di fede nella ricerca e un investimento per le future generazioni.
Un patrimonio che serve a tutti
Nella particolare esperienza delle biobanche Telethon, un contributo prezioso per la creazione di massa critica intorno a malattie molto rare è giunto dalla collaborazione con le associazioni di pazienti che si sono impegnate al fianco dei ricercatori per sensibilizzare la propria comunità rispetto al valore della donazione alla biobanca e hanno supportato concretamente la raccolta dei campioni facendo da tramite con i clinici di riferimento o organizzando iniziative dedicate in occasione dei principali incontri associativi.
Il patrimonio custodito dalle biobanche e messo a disposizione di tutta la comunità scientifica internazionale è un bene pubblico il cui valore va oltre il potenziale scientifico.
È cultura e solidarietà affinché, come dice il motto della Giornata della malattie rare 2017, con la ricerca tutto sia possibile.