La scena sembra tratta da un film. Si vede Donald Trump, con lo smoking stirato, al fianco della moglie Melania, in abito lungo e nero, ad un party in Florida per Capodanno. E a un certo punto, il presidente eletto, rispondendo alla domanda di un cronista sulla sicurezza in rete, afferma: “Vi dico una cosa: nessun computer è sicuro. Non mi importa di quello che dicono gli altri. Nessun computer è sicuro! Quando devo mandare un messaggio importante, non uso l’email. Lo scrivo e lo mando con un corriere”. (Qui il video)
E’ il ritorno del pizzino, ha subito commentato qualcuno in Italia, ricordando i biglietti che servivano al capo mafia Bernardo Provenzano a comunicare dal suo rifugio segreto. Ma anche i primi militanti dell’ISIS all’inizio comunicavano scrivendo a mano: quando erano nelle carceri irachene, usavano l’elastico delle mutande per appuntarsi i contatti delle persone a cui rivolgersi una volta liberi. Quanto al fatto che nessun computer è sicuro, gli Stati Uniti ne sono in qualche modo corresponsabili avendo messo in piedi un sistema di sorveglianza globale svelato nel 2013 da Edward Snowden. Ma senza andare tanto lontano è un fatto arcinoto che la grandissima parte delle nostre comunicazioni digitali sono intercettabili, sono lette da algoritmi che devono costruire la nostra identità digitale per offrirci la pubblicità migliore, e sono conservate da qualche parte e per chissà quanto tempo. E quindi, se hai un segreto, non mandare una email, come sa bene Hillary Clinton, la rivale che Trump ha battuto nella corsa alla Casa Bianca e che si è vista pubblicate tutte le email che aveva mandato quando era Segretario di Stato usando un server privato.
Epperò che Trump riduca una questione così complessa e importante ad una battuta al party di Capodanno è preoccupante. Per gli Stati Uniti, il paese che ha avviato la rivoluzione digitale, inventato la SIlicon Valley, e dato vita ad Apple e Microsoft, Google e Amazon, Facebook e Cisco. Ma per noi cittadini del mondo soprattutto. Perché non è vero che tutto quello che scriviamo sul web non è sicuro: ci sono i messaggi che spariscono da Snapchat, ci sono le chat segrete di Messenger e Whatsapp, ci sono i messaggi cifrati di Telegram e le telefonate non intercettabili di Signal. Ci sono insomma tanti modi per non lasciare traccia sul web e che sono molto più efficaci del corriere di cui parla Trump come sa bene Barron, il suo figlio di 10 anni che, a giudicare da quel che dice il papà, sembra essere diventato il suo consigliere per il digitale. Purtroppo questi sono anche gli strumenti preferiti dal terrorismo. Ed è questo il nodo che il presidente degli Stati Uniti dovrebbe aiutarci ad affrontare: trovare un punto di equilibrio fra la privacy degli utenti e la sicurezza del pianeta. Dire, come ha fatto qualche giorno fa, che “i computer hanno complicato la nostra vita” può essere al massimo l’inizio del ragionamento ma non la conclusione. Perché dimentica le immense opportunità della rivoluzione digitale che non vogliamo perdere.