Solo ieri su Telegram sono stati bloccati e cancellati 127 profili legati all’ISIS. Il conto di dicembre sale così a 2360 profili ritenuti strumenti della propaganda terrorista dello Stato Islamico e bannati da questa app di messaggistica che assomiglia molto a Whatsapp ma non lo è: consente infatti di gestire gruppi fino a 5.000 persone; permette di avere profili che sono gestiti in autonomia da un computer (i bot); ha reso più facile la trasmissione di video; ed ha un livello di segretezza altissimo visto che i messaggi hanno una doppia cifratura ed è possibile far scomparire delle chat senza lasciare tracce.
Per questi motivi in un rapporto appena pubblicato dal MEMRI, un istituto di ricerca per il Medio Oriente con base a Washington DC (il rapporto completo si può scaricare da qui), Telegram viene indicata come "la app preferita dai terroristi". Già un anno fa in realtà si dicevano esattamente le stesse cose, dopo i tragici attentati di Parigi. Ma evidentemente quelle cose non sono cambiate. Lo dimostra quel che è accaduto in occasione dell’attentato di Natale a Berlino. Il 6 dicembre un messaggio su Telegram invitava i militanti ISIS a preparare “un regalo” in occasione delle feste imminenti. E due settimane dopo, quando il terrorista Anis Amri viene ucciso vicino a Milano, è sempre Telegram lo strumento per diffondere il suo video messaggio.
Ecco i 10 canali principali dell'Isis su Telegram
“Telegram ha preso il posto di Twitter quale app preferita dai terroristi”, si afferma nello studio appena pubblicato che elenca minuziosamente tutti i canali in qualche modo riferiti all’ISIS. Ma chi c’è dietro Telegram? Non la Silicon Valley, stavolta, ma un giovane russo, Pavel Durov, 32 anni, cresciuto in Italia, noto per essere stato il fondatore del Facebook russo (VK); un successo anche economico rilevantissimo, dopo il quale ha rotto con il governo di Putin, si è trasferito in Germania e ha fondato Telegram con l’idea di liberare la comunicazione personale e restituire la privacy rubata agli utenti. Un bel proposito molto ben realizzato anche tecnologicamente. Che ha conquistato 100 milioni di utenti e che crescono al ritmo di 350 mila al giorno.
Solo che fra quelli che ne traggono maggiori benefici ci sono i terroristi islamici pare. Lo dicono i numeri purtroppo. Dal 26 dicembre, e quindi subito dopo la pubblicazione del Rapporto della MEMRI, su Telegram è stato avviato un Osservatorio che documenta ogni giorno l’attività di contrasto all’ISIS: si scopre così che a settembre sono stati cancellati 1987 profili, a ottobre 1800, a novembre 2094, a dicembre siamo già oltre 2300. Li cancelli e rinascono. E’ come giocare al gatto e al topo. Ma se il topo è un terrorista, il gioco diventa pericolosissimo.
Telegram è una bella storia: un giovane informatico che si gioca tutto quello che ha guadagnato per restituire alle nostre conversazioni la privacy perduta nel nome del mercato. E ci riesce anche. Ma oggi questa storia non può non fare i conti con la lotta all’ISIS. E non basta dire, come Pavel Durov ha fatto su Twitter, che “non c’è nulla di più lontano dalla verità che affermare che Telegram non ha fatto nulla per contrastare l’ISIS”. I numeri che Telegram ha fornito dimostrano che finora non ha fatto abbastanza. L’Osservatorio ISIS appena varato, con un pulsante che rende più facile segnalare i canali di propaganda, è la strada giusta. Vedremo i risultati. Ma è anche vero quello che Durov disse dopo gli attentati di Parigi, e cioé che quando metti a disposizione di tutti uno strumento per comunicare, gli utenti possono usarlo per fare del bene o per il suo contrario e indubbiamente Telegram svolge una funzione essenziale per le comunicazioni personali in tutti quei posti del mondo dove non c’è libertà di espressione.
ll bilanciamento fra sicurezza e libertà si conferma come il grande tema della nostra epoca.