Ricominciamo dai fondamentali: la reputazione. Non esiste paywall, piattaforma o modello di business che possa salvare i giornali se il giornalismo non ritrova il proprio status di qualità, attendibilità, indipendenza. Quando i giornali vivevano solo su “piattaforme” di carta alcuni direttori sapevano fare la differenza. Come? Rileggevano tutto, o quasi tutto, facevano controllare i dati sospetti con maniacale attenzione ai particolari: “Se sbagliamo la programmazione di un cinema o l’orario di una farmacia, come potremmo apparire attendibili sui grandi fatti internazionali che pretendiamo di spiegare?”.
C’è una profonda verità in questa affermazione che è andata via via scomparendo dal lessico giornalistico. Le notizie possono essere sensazionali, interessanti, utili, illuminanti, possono affrontare temi politici o gossip, purché rispettino un patto fondante: devono essere vere. E’ su questo principio che si regge il patto che lega i giornalisti alle proprie fonti e, quindi, ai lettori. E’ essenzialmente una questione di affidabilità riconosciuta.
Questo principio si è perso anche per l’accelerazione di certa disintermediazione che attraverso i social media si è imposta negli ultimi dieci anni. Volendo individuare una data simbolica, la prima elezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti potrebbe essere una cesura significativa. Nel 2008 la campagna del candidato, che vinse le primarie contro la più attrezzata e potente Hillary Clinton, fu tutta incentrata sulla rete e sulla capacità di raggiungere gli elettori direttamente attraverso i social media. Non a caso Obama fu salutato come il primo “internet president” degli Stati Uniti. Una elezione che se da una parte aveva messo in luce la forte democratizzazione introdotta dalla rete (anche con meno fondi e senza controllare televisione e media si può arrivare agli elettori e vincere), dall’altra aveva fatto emergere tutti i rischi legati al superamento della mediazione giornalistica: chi verifica le dichiarazioni dei politici? Chi contesta eventuali inesattezze? Chi formula le domande scomode? In un colpo solo i giornalisti avevano perduto, con la loro stessa complicità, due funzioni fondamentali della professione: la mediazione del racconto e la verifica dei fatti attraverso l’incrocio di più fonti. Due pratiche professionali senza le quali viene meno l’utilità stessa del giornalismo.
Ecco: i giornalisti erano un filtro tra la politica e gli elettori. Nel bene e nel male. Ma sulla loro capacità di essere o meno gli “watchdog” del potere venivano giudicati dai lettori. I migliori potevano essere tenuti e evitati dai politici, ma venivano apprezzati dai lettori. Poi, dopo Obama, i politici hanno scoperto la rete e la grande opportunità che offre a tutti di parlare con tutti. Senza filtri. Logico che molti di loro abbiano scelto la strada meno faticosa: niente verifiche, nessuna domanda scomoda. Ma è qui che si è annidato e ha prosperato il germe della post-verità. Una “assenza” che ha permesso fenomeni come il trumpismo e la logica del “chi la spara più grossa vince”.
La menzogna ha sempre fatto parte del gioco politico. Ma era compito dei giornalisti smascherarla attraverso un’attenta verifica delle dichiarazioni. Se il giornale era autorevole, il giornalista godeva di buona reputazione e il lavoro condotto con serietà, la verità, o almeno la verità giornalistica, era ripristinata agli occhi del lettore. E’ vero, come sostiene Samuel Laurent giornalista di Le Monde, che non molti lettori tengono conto delle verifiche e del fact-checking, preferendo seguire le proprie inclinazioni ideologiche piuttosto che la verità dei fatti. Ma emerge anche una domanda, sempre più marcata, per una informazione di qualità, verificata e affidabile. Il giornalismo è un metodo, un insieme di processi codificati per garantire una informazione di qualità, verificata e basata sui fatti. E’ ripartendo da questo metodo, suggerisce Laurent, che potremmo tornare a una informazione che spieghi, contestualizzi, racconti il mondo nella sua complessità per un pubblico che vuole essere ben informato e per il quale ancora la verità conta.