Dal 1870 al 2006, l’ISPRA ha censito circa 3.000 siti minerari dismessi su tutto il territorio nazionale. Solo in Sicilia, sono 765: 663 sono di coltivazione dello zolfo, 52 di salgemma, 30 di asfalto e/o scisti bituminosi, 18 di sali alcalini misti. Restando in Sicilia, Agrigento è la città con il maggior numero di siti, per la precisione 298, di cui 265 dedicati alla coltivazione dello zolfo. Seguono Enna e Caltanissetta, rispettivamente con 172 e 163 siti di zolfo.
I musei e gli ecomusei minerari in Italia rappresentano un patrimonio che non possiamo permetterci di perdere; lo sa bene l’ISPRA che, per conoscere lo stato dell’arte delle aree minerarie dismesse e nella prospettiva di una valorizzazione, di un recupero e della loro musealizzazione, li censisce ed inserisce questo censimento nel più ampio progetto “Repertorio Italiano di Scienze della Terra”, in continuo aggiornamento.
Con l’obiettivo di riqualificare tutti questi siti, nell’ottobre del 2015, in occasione dell’Expo di Milano, proprio in uno dei padiglioni è stata formalizzata la Rete dei Parchi e Musei Minerari Italiani (ReMI), fortemente voluta dall’ISPRA, con un Accordo siglato dallo stesso Istituto e il Ministero dello Sviluppo Economico, per lavorare insieme ad una legislazione nazionale per il settore dei siti minerari dismessi recuperati a fini culturali.
Si tratta, come già detto, di un patrimonio di immenso valore che coinvolge storia, cultura e paesaggio. A cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, sono stati istituiti in Italia ben sei Parchi minerari; il nostro Paese, infatti, è quello con la storia mineraria più a lungo documentata e conserva un vasto ed originale patrimonio geominerario, unico al mondo. Ventotto secoli di attività estrattiva, i cui resti e testimonianze costituiscono anche un patrimonio di dati scientifici. Dall’Età del Ferro al XX secolo, il nostro Paese è stato al centro dello sviluppo culturale e sociale per motivazioni fortemente legate alla sua ricchezza di risorse minerarie, metalliche e non. Con la fine del secolo scorso si è praticamente conclusa l’epoca dello sfruttamento dei giacimenti minerari, lasciando sul territorio un’ampia e diffusa “memoria” fatta di siti e di testimonianze legate alle attività minerarie che rappresentano un tesoro di archeologia industriale e di paesaggio unici.
Purtroppo in molte aree del Paese, tale patrimonio non solo non è stato valorizzato, ma è addirittura, in alcuni casi, andato perduto, smantellato o lasciato deperire. In molte aree invece è stato avviato un processo di conservazione, tutela e valorizzazione, attraverso la nascita di esperienze di parco e museo geominerario, che hanno permesso di mantenere viva l’identità dei luoghi minerari e del loro passato dove lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo ha rappresentato lo sviluppo sociale ed economico di molte comunità.
Il 24 e 25 marzo scorsi, Cesena li ha dedicati a questo patrimonio di parchi e musei minerari locali e italiani: presenti tutti i componenti del Comitato della Rete ReMI, con una serie di iniziative promosse dall’ISPRA, in collaborazione, tra gli altri, con la Società di Ricerca e Studio della Romagna Mineraria, di cui ricorre il trentennale dalla fondazione e che dal 1987 promuove iniziative per la conservazione della memoria dell’industria solfifera romagnola e dei suoi minatori e che, con una associazione di volontari, collabora attivamente nella gestione di molti dei siti minerari dismessi della Regione.
In questa occasione è stato presentato il documentario “Miniere e Memorie di Sardegna”, realizzato da ISPRA TV, che racconta lo straordinario giacimento culturale di cui è ricca l'isola, fatto di villaggi operai, pozzi di estrazione, migliaia di chilometri di gallerie, impianti industriali, antiche ferrovie, preziosi archivi documentali e memoria di generazioni di minatori. Già, perché la Sardegna è un’altra delle nostre Regioni a vantare una lunga storia di industria estrattiva. Vi ha infatti sede il Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna: 8 aree, ognuna con una sua caratteristica ambientale e geologica e con una sua storia, per un totale di 3500 km² afferenti a 81 comuni differenti distribuiti in tutte le otto province della Sardegna. Alcune zone del Parco offrono la possibilità di compiere escursioni, altre sono visitabili nelle loro vecchie strutture e nelle gallerie minerarie e diversi sono i musei dedicati alla cultura mineraria della Sardegna.
Il reportage dell’ISPRA è suddiviso in 5 macrotemi, che ci aiutano a comprendere non solo il valore scientifico di quanto avveniva in quei siti, ma anche il lato umano, contribuendo a fissare nella memoria ricordi e testimonianze di quel passato:Meraviglie sotto terra (interni di vecchie miniere), Miniere nel blu (Pan di Zucchero, Piscinas e altre sul mare), Un passato da ricostruire (Miniera Monte Vecchio, Pozzo Sella, archivio storico Iglesias, villaggio Rosas), Testimonianze di vita arte mestieri (storie di chi ha lavorato nelle miniere) e L’ultima miniera (tutto Carbosulcis)