"Anche ai nostri giorni la persecuzione contro i cristiani è presente" ma, ha denunciato Papa Francesco all’Angelus, il primo dopo la storica visita alle tombe di don Mazzolari e don Milani, cui ha restituito l’appoggio che la gerarchia cattolica gli aveva negato mezzo secolo fa, ci sono anche persecuzioni bianche, quei comportamenti cioè che celano il tentativo di utilizzare la Chiesa a fini politici o economici. "Oltre che come 'pecore in mezzo ai lupi', il Signore, anche nel nostro tempo, ci manda come sentinelle in mezzo a gente che non vuole essere svegliata dal torpore mondano, che ignora le parole di Verità del Vangelo, costruendosi delle proprie effimere verità", ha spiegato il Papa illustrando la difficile missione dei pastori che annunciano Gesù con coerenza e coraggio. "E se noi andiamo lì e diciamo le parole del Vangelo, questo scomoda, ci guarderanno non bene, ma in tutto questo il Signore continua a dirci, come diceva ai discepoli del suo tempo: 'Non abbiate paura!'. Non abbiate paura di chi vi deride e vi maltratta, e non abbiate paura di chi vi ignora o 'davanti' vi onora ma 'dietro' combatte il Vangelo. E sono tanti che davanti ci fanno sorrisi, ma dietro combattono il Vangelo. Tutti li conosciamo", ha detto Francesco.
I tanti eredi del “conte zio” descritto da Manzoni
Un esempio tipico di atteggiamento falso e untuoso verso la Chiesa ce lo racconta Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi, descrivendo la figura del "conte zio", cioè lo zio di don Rodrigo e di suo cugino Attilio, membro del Consiglio Segreto del governo milanese e influente uomo politico, che riuscì a far trasferire padre Cristoforo perché la smettesse di accusare Rodrigo e difendere Lucia, figura simbolo di tutti gli oppressi. Per ottenere il risultato di tappare la bocca a quel ‘prete scomodo’, il conte zio invitò a pranzo il padre provinciale dei cappuccini, e prima ostentò potere e presigio per impressionarlo e poi appartandosi con lui iniziò a parlargli di padre Cristoforo, accusandolo di essere un frate inquieto, di proteggere il famoso ricercato Lorenzo Tramaglino, di avere un passato turbolento, arrivando a insinuare che il frate abbia dei comportamenti non adatti al suo abito e suggerendo di allontanarlo da Pescarenico per evitare problemi, onde evitare conseguenze che potrebbero coinvolgere conoscenze altolocate della famiglia. Il padre provinciale obietta che ciò sembrerebbe una punizione, ma il conte zio ribatte che la cosa sanerà la situazione prima che possa degenerare, convincendo infine il provinciale il quale, osserva, potrebbe mandare Cristoforo a Rimini, dove è appunto richiesto un predicatore. Il conte zio promette che la cosa resterà fra di loro e Rodrigo non ne saprà nulla, quindi non solo non se ne potrà vantare come di una vittoria personale, ma sarà pronto a compiere un gesto di palese amicizia verso l'ordine dei cappuccini… Un po’ di denaro insomma compenserà il sacrificio di aver commesso un’ingiustizia al suo sottoposto (e ai poveri da lui protetti).
La confessione del vescovo Zecca, che non difese Viroche
E c’è un caso che sta molto a cuore a Papa Francesco, che rinnova (con un finale assai tragico) la vicenda del conte zio. E’ quello di padre Juan Viroche, che il suo vescovo non ha saputo difendere né da vivo né da morto. “Io con padre Juan Viroche ho avuto un rapporto molto stretto, più che con altri sacerdoti. Sono io che l’ho mandato a La Florida perché aveva il profilo giusto. E lui era molto felice di andare lì. Poi ho sempre mantenuto un dialogo al telefono, sono andato da lui, l’ho visitato. Quando mi ha detto ‘mi stanno perseguitando a causa della denuncia sulla prostituzione minorile a Delfin Gallo’, non ha menzionato la questione della droga. Ma io gli ho risposto: ‘Juan, vattene e non preoccuparti della parrocchia’”, nel cui territori c’è appunto la località dove era in funzione il night che sfruttava minorenni, ha dichiarato qualche giorno fa monsignor Alfredo Horacio Zecca, che Papa Francesco ha punito accettando (e probabilmente sollecitando) le sue dimissioni da arcivescovo di Tucuman, e assegnandogli la sede titolare di Bolsena, privandolo cioè del diritto di fregiarsi del titolo di “emerito”. Il 5 ottobre scorso, quando padre Viroche fu trovato impiccato nella sua chiesa, con segni di percosse, mentre nella navata erano evidenti le tracce di una colluttazione, monsignor Zecca aveva promesso alla famiglia Viroche di provvedere a una sepoltura adeguata per padre Juan, e ai parrocchiani che si sarebbe presentato dal procuratore titolare della indagine penale sulla morte del sacerdote, per chiedere giustizia. Il prelato non ha mai mantenuto queste promesse e sono emersi anche i collegamenti di Zecca con l’ex governatore José Alperovich (che protegge i coniugi Soria, proprietari di quel famigerato night, come dire i mandanti dell’omicidio).
“Avevo già chiamato il padre che lo avrebbe sostituito”, assicura adesso il presule per giustificarsi. “Ho chiamato il padre Juan al cellulare e non ho avuto nessuna risposta, allora ho lasciato un messaggio: ‘Juan fammi sapere…”, tiene a far sapere Zecca, che dopo aver taciuto sulla vicenda per paura di inimicarsi i potentati locali (ed aver addirittura impedito ai fedeli di ricordare il sacrificio di Viroche con una targa sul muro della loro chiesa) ora si commuove pensando "alle torture che questo ragazzo deve aver sofferto". Ma poi nell'intervista il presule si è tradito con una frase imbarazzante: "la droga è uno dei grandi flagelli che abbiamo in tutto il paese. Ma non è la missione del sacerdote denunciare i trafficanti, questo spetta ai pubblici ministeri. La Chiesa deve aiutare a prevenire e accompagnare chi nella comunità è a rischio, i giovani che sono in pericolo di cadere nella droga, ma non è il nostro compito denunciare alla magistratura”.
L’opposizione dei 4 cardinali dubbiosi e dell’indomito ex vescovo di Hong Kong
Non bastassero i dispiaceri legati a questa vicenda, che molto lo ha ferito, il Papa si trova a fare i conti anche con la cocciutaggine di quattro cardinali anziani, Walter Brandmüller, Raymond L. Burke, Joachim Meisner, e Carlo Caffarra che continuano a sollecitargli una rettifica riguardo alla decisone di rimettere ai pastori la decisone nei singoli casi sulla riammissione dei divorziati risposati all’Eucaristia. “Ciò che sorprende - commenta il teologo Andrea Grillo - è la perdita completa di contatto tra i 4 cardinali e la realtà ecclesiale. Il cammino sinodale, il confronto tra le diverse opinioni, la elaborazione del testo di AL e la sua iniziale recezione: tutto viene risolto in una posizione risentita e negativa, autoreferenziale e senza respiro. La coscienza dei cardinali li “spinge”: a che cosa? A resistere sulle posizioni acquisite, che vengono scambiate come le “verità di sempre”. E qui vorrei dire, con tutta la necessaria chiarezza, che sono davvero stupito di come questi 4 cardinali siano caduti nel peggiore errore di ciò che loro chiamano “modernismo”. Essi hanno talmente combattuto il moderno, che sono rimasti vittime di una vera e propria ‘sindrome di Stoccolma’: si sono lasciati talmente segnare dallo scontro con il pensiero soggettivistico, da averne assunto uno dei lati più problematici, ossia la identificazione della propria coscienza soggettiva con la realtà.
Ad un altro esempio di cocciutaggine cardinalizia ancora più pericolosa assistiamo in questi giorni a Hong Kong, dove non tutti i cattolici festeggiano il ventennale della riunificazione della ex colonia britannica alla Cina. Nell’avveniristica città orientale, la libertà religiosa è garantita dagli accordi presi con Londra, tanto che Pechino sovvenziona le scuole gestite da enti religiosi, facendo a Hong Kong di più per le scuole cattoliche di quanto non faccia da noi il governo italiano. Tuttavia l’anziano cardinale Joseph Zen Ze Kiun (ufficialmente in pensione) capeggia la protesta contro gli attacchi alla libertà religiosa nella Cina continentale con foto delle croci e chiese abbattute dal governo di Pechino. Con il quale però la Santa Sede ha in corso una serrata trattativa per arrivare alla normalizzazione dei rapporti, che consentirebbe di riunificare la Chiesa cinese oggi ancora divisa tra quella i cui vescovi sono stati approvati dal governo (attraverso l’Associazione patriottica, che rappresenta una sorta di Conferenza Episcopale locale controllata da Pechino e autonoma da Roma) e quella “sommersa” con vescovi clandestini, spesso perseguitati ma sempre fedeli al Vaticano (che con sano realismo sta gradualmente superando l’impasse facendoli riemergere e rimpiazzando i più anziani con nomine scelte in apposite terne concordate). La cosa strana è che nonostante gli oppositori di Francesco si richiamino anche su questo tema “all’opzione Benedetto”, è stato proprio Papa Ratzinger ad avviare nel 2007 le aperture alla Cina, con una lettera che affermava: “la clandestinità non rientra nella normalità della vita della Chiesa”.