Non guarda la tv e legge un solo quotidiano al mattino, ma Papa Francesco riesce sempre a inserirsi con la parola giusta nel dibattito pubblico. Per di più, nella sua visita a Genova, lo ha fatto citando la Costituzione e Luigi Einaudi, uno dei suoi padri. Tutto in una bellissima risposta data non a Grillo, ma a un lavoratore all'Ilva di Genova, gigante della siderurgia oggi in ginocchio.
L'obiettivo non è il reddito, ma il lavoro
"L'obiettivo - ha affermato - non è il reddito per tutti, ma il lavoro per tutti. Si va in pensione all'età giusta, non basta dare un assegno dello Stato, che dà da mangiare, ma non dà dignità". E così la breve sosta all'Ilva, primo appuntamento della sua visita pastorale, è diventato il cuore del messaggio del Papa per la confusa Italia di oggi.
Un assegno mensile non basta
"Un assegno statale mensile che ti faccia portare avanti la famiglia non risolve il problema", ha spiegato. "Senza lavoro - ha aggiunto - si può sopravvivere ma senza il lavoro non c'è dignità. La scelta è tra sopravvivere e vivere e ci vuole il lavoro per tutti". Secondo Francesco, la mancanza di lavoro è molto più del venire meno di una sorgente di reddito, il lavoro è molto più di questo, lavorando noi diventiamo più persona, l'umanità fiorisce, i giovani diventano adulti solo lavorando. La creazione continua ogni giorno grazie alle mani e alle menti dei lavoratori".
"È anche questo - ha spiegato - il senso dell'articolo primo della Costituzione italiana, che è molto bello". E allora, ha gridato Francesco, "possiamo dire che togliere il lavoro, sfruttare con il lavoro indegno o malpagato è anticostituzionale. Se non fosse fondata sul lavoro, la Repubblica Italiana non sarebbe una democrazia". Uno straordinario atto di omaggio alla nostra Carta Costituzionale che è intrisa di valori cristiani. Seguito dalla citazione del primo presidente eletto della nostra Repubblica: "regolamenti e leggi pensate per i disonesti finiscono per penalizzare gli onesti e ce ne sono tanti e sono i più svantaggiati da queste politiche", ha osservato Bergoglio citando appunto Einaudi che disse: "milioni di individui lavorano e producono nonostante tutto quanto possiamo inventare per molestarli, è una vocazione che li spinge non solo la sete di guadagno".
L’attesa del nuovo incontro con Mattarella al Quirinale
L’omaggio reso dal Papa alla Carta Costituzionale e al primo presidente eletto della Repubblica, certo avrà fatto piacere a Sergio Mattarella, che so appresta ricevere la visita di Papa Francesco al Quirinale il 10 giugno prossimo. Come Benedetto XVI era in sintonia con Giorgio Napolitano, con il quale condivideva una visione eurocentrica, così Papa Francesco e Mattarella sembrano fatti per intendersi (e si intendono). Nel recente viaggio in Argentina e Uruguay, il nostro capo dello Stato ha definito Bergoglio un punto di riferimento e il Papa apprezza molto lo stile schivo e modesto di Mattarella, la cui fede cristiana è forte, ma mai esibita.
Il vescovo di Roma “chiamato quasi dalla fine del mondo” non sopporta del resto le invasioni di campo da parte degli ecclesiastici e ritiene che "la Chiesa – come ha detto al Regina Caeli del 28 maggio - esiste per annunciare il Vangelo, solo per quello". "La Chiesa - ha aggiunto - siamo tutti noi battezzati. Oggi siamo invitati a comprendere meglio che Dio ci ha dato la grande dignità e responsabilità di annunciarlo al mondo, di renderlo accessibile all’umanità". "Questa - ha scandito Bergoglio - è la nostra dignità, questo è il più grande onore nella Chiesa!".
Il superamento definitivo del ruinismo
Parole arrivate a conclusione di una settimana nella quale Papa Francesco ha sciolto due nodi molto intricati, superando con un balzo i veti incrociati che all'apparenza rendevano problematiche le nomine ai due incarichi che durante il suo lungo pontificato Giovanni Paolo II aveva affidato entrambi al cardinale Camillo Ruini, indimenticabile protagonista di una stagione ormai superata, quella ad esempio della "astensione" calcolata al referendum sulla procreazione del 2005 e del Family day di piazza San Giovanni del 2007.
Pastori che camminano insieme e dietro al gregge
Francesco infatti ha seguito come criterio l'identikit del buon vescovo da lui stesso tracciato in vari interventi dopo l'elezione del 2013: gente del popolo, non principi, umili ma determinati nella difesa dei deboli e dei poveri, pastori che non sempre camminano davanti al gregge per quidarlo, e che spesso invece sono in cammino in mezzo al gregge per sostenerlo, e altre volte seguono le pecore, perchè si fidano del loro fiuto. Sembra il ritratto di entrambi gli eletti di questa settimana: preti di parrocchia come tutti ne abbiamo conosciuti tanti, non certo degli intellettuali o dei leader politici prestati alla Chiesa.
Oggi non servono forse protagonisti. Il Papa del resto tra i tanti titoli che gli assegna la tradizione ha scelto quello di "servo dei servi". E ha detto scherzosamente una volta: “Solo se si hanno seri problemi psichiatrici si può aspirare a diventare Papa!”. "Ecco - ha commentato monsignor De Donatis presentandosi al clero di Roma come nuovo ordinario - riguardo al diventare vicario di Roma, vi assicuro che io non ho mai avuto di questi problemi psichiatrici! Accolgo questa chiamata del Signore e della Chiesa con umiltà profonda e sincera, consapevole dei miei peccati e dei miei limiti, e mi metto nelle sue mani". "Sono chiamato in particolare - ha assicurato - a custodire e promuovere la comunione ecclesiale, guidati dal nostro vescovo, Papa Francesco, stretti intorno a lui".
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