Mentre sul Campidoglio, in occasione del sessantesimo dei Trattati, sventolavano le bandiere dei 27 paesi della Ue (quella inglese non era stata esposta), in segno di omaggio a Papa Francesco, che ha compiuto nella stessa giornata di sabato una straordinaria visita pastorale a Milano, capitale morale d’Italia, era stata issata sul Duomo la bandiera bianco-gialla: un simbolo in effetti non molto in linea con la visione bergogliana del ministero petrino, che vuole “una Chiesa in uscita” e non rinserrata nell’angusto perimetro della Mura Leonine. Al servizio, come ha detto nel parco di Monza, “del grande Popolo di Dio. Un popolo formato da mille volti, storie e provenienze, un popolo multiculturale e multietnico. Un popolo - ha spiegato - chiamato a ospitare le differenze, a integrarle con rispetto e creatività e a celebrare la novità che proviene dagli altri; è un popolo che non ha paura di abbracciare i confini, le frontiere; un popolo che non ha paura di dare accoglienza a chi ne ha bisogno perché sa che lì è presente il suo Signore”.
Concetti analoghi a quelli esposti il giorno prima nell’importante incontro in Vaticano con i leader europei alla vigilia del vertice in Campidoglio, quando ai capi di Stato e di Governo Francesco ha denunciato la dimenticanza in molti paesi della sofferenza portata dalla cortina di ferro che divideva in due il Vecchio Continente e alla fine il mondo stesso. “Laddove generazioni ambivano a veder cadere i segni di una forzata inimicizia, ora - ha lamentato - si discute di come lasciare fuori i ‘pericoli’ del nostro tempo: a partire dalla lunga colonna di donne, uomini e bambini, in fuga da guerra e povertà, che chiedono solo la possibilità di un avvenire per se e per i propri cari”. “I populismi - ha ammonito prima di lasciarsi immortalare con i 27 nella Sistina - fioriscono proprio dall’egoismo, che chiude in un cerchio ristretto e soffocante e che non consente di superare la limitatezza dei propri pensieri e ‘guardare oltre'”, come sarebbe “quanto mai necessario oggi, davanti alle spinte centrifughe come pure alla tentazione di ridurre gli ideali fondativi dell’Unione alle necessità produttive, economiche e finanziarie”.
"La memoria miglior antidoto contro la divisione"
E il monito sul rischio di “dimenticarci dei nostri avi, dei nostri nonni e di tutto quello che hanno passato per giungere dove siamo oggi”, Francesco lo ha ripetuto al milione di “ambrosiani” che lo hanno stretto in un abbraccio calorosissimo. “Questa terra e la sua gente hanno conosciuto - ha affermato - il dolore delle due guerre mondiali; e talvolta hanno visto la loro meritata fama di laboriosità e civiltà inquinata da sregolate ambizioni. La memoria ci aiuta a non rimanere prigionieri di discorsi che seminano fratture e divisioni come unico modo di risolvere i conflitti”. Per il Papa, del resto, “evocare la memoria è il migliore antidoto a nostra disposizione di fronte alle soluzioni magiche della divisione e dell’estraniamento”.
A Milano, le sue parole a favore dell’integrazione Francesco le ha accompagnate con gesti eloquenti, come la visita a una famiglia di musulmani nel quartiere Case bianche, dove ha consumato la prima colazione bevendo con loro una tazza di latte, e la permanenza di oltre due ore nel carcere di San Vittore, dove si è fermato a pranzo ai detenuti (in buona parte stranieri) ha detto: “vedo Gesù in ciascuno di voi”.
Infine la scelta - davvero felice - di dedicare ampio spazio nella visita pastorale all’incontro con i ragazzi che hanno stipato nel pomeriggio lo stadio di San Siro. Bergoglio li ha descritti senza accondiscendenza come esposti a “uno zapping continuo, con due o tre schermi aperti contemporaneamente, sempre connessi”. Ma, si è chiesto, “davanti a una moltitudine di voci che sembrano tutte giuste come si fa a scegliere?”. Per loro e per tutti, ha quindi invocato “la grazia del discernimento”.
L'appello contro il bullismo davanti ai cresimandi
“C’è un fenomeno brutto che mi preoccupa nell’educazione: i bulli. Per favore state attenti. Promettete al Papa e a Gesù di non essere bulli”, ha chiesto agli 80mila cresimandi. “Nella vostra scuola, nel vostro quartiere - ha domandato loro il Papa - c’è qualcuno che prendere in giro perché è grosso o per altri motivi? Pensate. Farlo vergognare di qualcosa e anche picchiarlo si chiama bullismo. Per favore per il sacramento della santa cresima che state per ricevere fate la promessa al Signore di non fare mai questo e di non permettere che si faccia nella vostra scuola e nel vostro quartiere”. E ai genitori presenti ha suggerito di rivedersi il capolavoro di De Sica: “I bambini ci guardano”. “Quei film italiani del dopoguerra sono stati una vera catechesi di umanità. Cercateli!”, ha esortato per poi spiegare: “i bambini ci guardano come dice il film di Vittorio De Sica, e non immaginate quanto soffrono quando i genitori litigano. Se si separano il conto lo pagano loro. I bambini se litigate soffrono… Riescono a captare tutto, si accorgono di tutto e dato che sono molto intuitivi, sono furbissimi, ricavano i loro insegnamenti. Abbiate cura della loro gioia della loro speranza. I loro occhietti capiscono se li ingannate. E vedono se la fede vi aiuta ad andare avanti”.