Il sollievo seguito al risultato elettorale “europeista” in Olanda è durato poco: a meno di 2 settimane dal primo turno delle presidenziali francesi, Bruxelles ha già dimenticato il pericolo scampato appena un mese fa all’Aja grazie al mancato successo del populista nazionalista Geert Wilders (in precedenza sopravvalutato dalla stampa internazionale). Oltre alla possibile imminente vittoria di Marine Le Pen, a preoccupare le istituzioni comunitarie sono, in ordine cronologico, la prospettiva di un risultato incerto alle elezioni di settembre in Germania e, molto di più, l’ipotesi di una sconfitta del Pd, in una prossima data ancora da stabilire, in Italia.
Il fattore Le Pen
L’Europa, alle prese con un complicato e doloroso divorzio con il Regno Unito, è consapevole che, in caso di una vittoria di Marine Le Pen, si prospetta la fine dell’Unione Europea come l’abbiamo conosciuta e questo scenario è aggravato dai timori legati al destino politico degli altri due principali paesi fondatori. In particolare, a spaventare è l’ipotesi, resa concreta dagli ultimi sondaggi, di una vittoria del Movimento 5 Stelle in Italia. Il Financial Times è arrivato a paragonare l’uscita dall’Euro, evocata da Le Pen e Grillo, come qualcosa di simile a una guerra, con conseguenze drammatiche, e molto più dirompenti di quelle della Brexit, già a partire dal giorno dopo l’eventuale vittoria elettorale dei due leader, senza bisogno di attendere i rispettivi referendum. E torna di attualità il messaggio lanciato nel maggio dell’anno scorso, su “Twitter”, dal potente capo di gabinetto di Jean-Claude Juncker, Martin Selmayr, quando scriveva che “un G7 con Trump, Le Pen, Boris Johnson e Beppe Grillo” sarebbe stato “uno scenario dell’orrore”.
#G7 2017 with Trump, Le Pen, Boris Johnson, Beppe Grillo? A horror scenario that shows well why it is worth fighting populism. #withJuncker
— Martin Selmayr (@MartinSelmayr) 26 maggio 2016
Il timore di un "terremoto nella forma di Grillo"
E se finora due dei 4 “fantasmi” di Selmayr, Brexit e vittoria di Trump, si sono concretizzati, in attesa delle elezioni in Italia e Francia l’atteggiamento positivo della Commissione nei confronti dei conti pubblici italiani è da leggere anche in quest’ottica. Il ministro Pier Carlo Padoan, così come il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, sono considerati a Bruxelles interlocutori affidabili e rassicuranti, e la correzione dello 0,2% del deficit richiesta è piuttosto contenuta. Quanto a Matteo Renzi, i vertici comunitari sono disposti a perdonargli certi toni antieuropei purché, magari anche grazie a questi, riesca nelle prossime elezioni a sconfiggere i “veri” euroscettici evitando, come ha scritto il “think tank” brussellese Euractiv, “un altro terremoto politico nella forma barbuta di una vittoria di Grillo”.
@fventurist