Tanti trofei, poco valore di brand, impianti obsoleti. E troppa dipendenza dai diritti televisivi, invece di puntare su altri aspetti di business come prodotti commerciali e matchday. Tra i motivi che spiegano la scelta dei cinesi della Suning di comprare una squadra italiana come l’Inter c’è anche questo: l’arretratezza del modello manageriale delle squadre di calcio nostrane.
Lo ha suggerito Luca Petroni, responsabile del settore Travel, Hospitality & Sport di Deloitte, nel corso del convegno “La Cina e il calcio globale: il caso Inter”, che, con alcuni colleghi, ho organizzato all’Università degli studi di Milano il 14 marzo, con l’Istituto Confucio e il Contemporary Asia Research Centre dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Mediazione linguistica e di Studi interculturali dell’Università degli Studi di Milano.
E lo ha confermato Barbara Ricci, presidente di SportWide, definendo i club italiani “facilmente scalabili”. “Servono capitali e modelli di business diversi, alle squadre di calcio italiane – ha detto Petroni - Con un management più moderno, le potenzialità di crescita sono enormi”.
Zanetti, "Suning è ambiziosa e rispettosa del brand"
È a questo che potrebbe puntare l’Inter ora che, con l’arrivo del colosso cinese della vendita al dettaglio di elettrodomestici, lo stile di gestione è in effetti cambiato: “Suning è solida e ambiziosa, ha molto rispetto per la storia del nostro brand”, ha assicurato Javier Zanetti, amatissimo capitano e ora vice presidente del club milanese.
Il campione argentino, seduto al tavolo con esperti e studiosi di diversi settori per discutere gli aspetti economici, culturali e politici dell’ingresso della Cina nel calcio mondiale, ha spiegato che “il cambiamento dell’approccio manageriale portato da Suning è molto evidente ed è fondamentale, perché i tempi sono cambiati e richiedono di essere sempre più pronti di fronte a dinamiche sempre più veloci. La dirigenza dell’Inter – ha aggiunto - è fatta da persone competenti che hanno un piano strategico per il club”.
Una visione, questa, che la stampa italiana ha contribuito a veicolare, come ha spiegato Giovanna Mapelli, professore di lingua spagnola dell’Università degli studi di Milano. La sua analisi di un insieme di 50 articoli pubblicati dall’aprile 2016 a oggi mostra che, in relazione all’acquisizione cinese dell’Inter, sono finora prevalsi toni e termini positivi che parlano di svolta epocale, affare e opportunità storica e che trasmettono un’immagine affidabile dei dirigenti dell’azienda di Nanchino.
La strategia di Pechino per sviluppare il calcio cinese
Anche da qui passa la realizzazione dell’ampio progetto messo in campo da Pechino per sviluppare il calcio cinese, che vede nella qualificazione ai Mondiali, nell’organizzazione dei Mondiali in Cina e infine nella vittoria dei Mondiali gli obiettivi fondamentali di una strategia che si affida anche alla formazione di masse di giovani giocatori nel paese e all’acquisizione massiccia di calciatori, allenatori e squadre straniere.
L’operazione è di sistema, o almeno questo è quanto ho concluso studiando la narrazione dei media cinesi del caso Suning-Inter. Dagli articoli di commento che ho analizzato, emerge infatti che il successo di una azienda cinese è descritto in Cina come un successo nazionale. E ha il sapore di una rivincita: gli investimenti nel calcio globale sono interpretati come una manifestazione della ritrovata superiorità della Cina nel mondo e il realizzarsi di una trionfale rivincita sul vecchio continente.
Sport e geopolitica, crescono i progetti governativi intorno al calcio
Per Marco Bellinazzo, responsabile della pagine Sport&Business del Sole 24 ore, “intorno allo sport si sta organizzando lo sviluppo dell’industria cinese”, ma questo fenomeno non riguarda soltanto la Repubblica popolare. “La trasformazione radicale del calcio e dello sport ha nella geopolitica il suo perno”, e quello a cui si sta assistendo nel mondo oggi è uno “sviluppo impressionante di progetti governativi intorno al calcio. Non soltanto in Cina, ma anche in Russia, Stati Uniti, Emirati arabi. L’Europa rischia di essere un vaso di coccio schiacciato da queste forze, se non si proteggono il blasone e la storia dei nostri club”.
Una missione che andrebbe intrapresa con serietà in Italia, consapevoli dell’importanza, sottolineata da Lidia De Michelis, professore di cultura inglese dell’Università degli studi di Milano, del “calcio come spazio di trasformazione culturale e momento di autocostruzione fisico ed estetico di una società”, capace allo stesso tempo di “creare partecipazione in una comunità” e di “superare i confini transazionali”, espressione, quale è, di una “cultura e di un linguaggio globali”.
Intanto Suning promette di metterci del suo, partendo proprio da uno dei talloni d’Achille dei club italiani: lo stadio. “L’obiettivo dell’Inter – ha annunciato Zanetti - è ristrutturare San Siro. Il progetto è pronto da un anno”.