Il tema migranti entra a pieno titolo in ogni vertice internazionale. Gli intenti, sempre pregevoli, tuttavia naufragano in parole scontate e di circostanza, come è stato con il G7 di Taormina. Tutti i “piani” che vogliono mettere mano al problema sono sempre più centrati sul settore del ripristino della sicurezza nelle aree più travagliate, che su quello dello sviluppo economico. Anche il piano, cosiddetto, “Minniti”, ha queste caratteristiche.
Sicurezza senza sviluppo non basta
E’ indispensabile ripristinare sicurezza, ma senza un piano di sviluppo significherebbe controllare frontiere, come quella tra Libia e Niger, per impedire il passaggio dei migranti che rimarrebbero confinati in campi senza via di scampo. La Turchia insegna. I flussi sono diminuiti, ma a che prezzo? Ora si cerca di fare la stessa cosa con il Niger. Il presidente del consiglio italiano, Paolo Gentiloni, ha firmato un accordo con il presidente del Niger, Mahamadou Issoufou, che prevede un sostegno finanziario notevole a questo paese, dell’ordine di 50 milioni di euro, per rafforzare la frontiera sud della Libia, quella nigerina. Un piano che, con molta probabilità, avrà bisogno di un notevole supporto militare e logistico, anche se il ministero della Difesa italiano smentisce l’invio di soldati. C’è, poi, l’intesa tra i ministri degli Interni di Italia e Germania che chiedono di inviare una missione dell’Unione europea alla frontiere fra Niger e Libia per contrastare l’immigrazione clandestina. L’aspetto militare sembra prendere sempre di più il sopravvento. Vi è, ancora, la dichiarazione congiunta firmata da Marco Minniti con i ministri degli interni di Libia, Niger e Ciad per la realizzazione di centri di accoglienza per migranti, rispondenti agli standard umanitari internazionali sia in Niger sia in Ciad, due dei paesi di transito delle migliaia di migranti che dall’Africa sub sahariana raggiungo la Libia e il Mediterraneo.
Ricetta insufficiente
Le intenzioni, oltre che legittime sono pure sacrosante. Ma tutto ciò potrà avere risultati apprezzabili, forse nel lungo periodo, sulla diminuzione dei flussi verso l’Italia, così come è accaduto con la Turchia. Ma avrà gli stessi effetti sul piano di uno sviluppo economico dei paesi da cui migrano migliaia di persone? Non ne sarei così certo. Anche perché l’intenzione è quella di fermare i clandestini o migranti che siano, in Niger, uno dei paesi più poveri dell’Africa e il luogo di transito di ogni tipo di traffico illegale, dalla droga alle armi, che hanno fatto la fortuna di questo Stato, meglio del suo presidente, quel Issoufou che abbiamo visto sorridente a fianco dei potenti del mondo al G7 di Taormina. Non a caso si usa un’espressione, per definire questo paese, poco lusinghiera: “La pax mafiosa del Niger”. Non è una mia espressione, ma il titolo di un articolo contenuto nella prestigiosa rivista Limes, che fa un’analisi lucida e spietata di questo paese. Sono molti gli esempi riportati nell’articolo a firma di Luca Raineri, che dovrebbero indurre qualsiasi governo democratico ad isolare Issoufou. Sono molti, infatti, gli ex leader, noti e meno noti del Movimento dei nigerini per la giustizia, la più significativa fazione della rivolta tuareg, che si trovano alla guida di comuni e regioni del nord del paese, per non parlare di quelli che sono diventati consiglieri speciali del presidente. Non solo. Issoufou, esponente di spicco del Partito nigerino per la democrazia e il socialismo, appena eletto ha immediatamente sconfessato la sua piattaforma programmatica d’impronta progressista, dirottando investimenti e risorse nel comparto della difesa. Attraverso acquisti poco trasparenti e generosi il paese più povero al mondo si è dotato di cacciabombardieri ed elicotteri d’assalto russi e francesi. Negli anni la spesa per la difesa si è decuplicata. Tutte queste cose sono note alle diplomazie europee. E, nonostante ciò, a Niamey, capitale del Niger, sono stati posizionati i droni americani e francesi per il controllo del Sahara e l’Unione europea ha scelto questo paese come interlocutore privilegiato per la lotta al traffico di migranti. L’Italia ha aperto una sede diplomatica. E allora non ci si indigna che 50 milioni di euro finiscano nelle casse di un paese così corrotto. Ma indigna, ancora di più, che le opinioni pubbliche più illuminate girino la testa dall’altra parte pur di non vedere.
Corrosi dalla paura dei migranti
La paura dei migranti ha ormai corroso anche il tessuto sano delle nostre società. E non è una questione di buonismo. Si capisce perché la diplomazia europea ha spiegato che la minaccia principale alla sicurezza è rappresentata dai migranti che dal Niger passano per arrivare sulle coste del Mediterraneo. E passa, invece, in secondo piano il fatto che il Niger sia il centro, con in testa il suo presidente, di traffici ben più pericolosi: droga, armi, petrolio, capitali, merci contraffatte. Pazienza.
Un altro tentativo 'occidentale'
Ora ci si riprova con il G20 di Amburgo di luglio. Vedremo se i grandi della terra, con in testa Angela Merkel, saranno in grado di affrontare, oltre che il flusso dei migranti verso l’Europa, le cause che lo generano, cioè l’endemica povertà dell’Africa sub sahariana, in cui tentano di sopravvivere milioni di africani. Altrimenti vale la massima: o ti ribelli, o muori oppure scappi.